Kalle O. Lundahl
Emilio Isgrò. L'arte di non cancellare le parole greche
Prologo
Ho intervistato Emilio Isgrò nel suo atelier a Milano il 30 e il 31 maggio 2011; il Maestro è stato molto gentile e disponibile dandomi l’opportunità di apprezzare la sua grande cultura, il suo attaccamento per la sua Sicilia e le sue radici greche. Abbiamo avuto un lungo colloquio, molto interessante e informale, in cui le testimonianze sulla sua poetica erano intercalate da ricordi di episodi della sua infanzia e giovinezza. Alcune settimane prima, il 5 maggio, avevo già incontrato Emilio Isgrò e visto le sue opere a Roma, presso lo stand della Galleria d’Arte “Boxart” del Dott. Giorgio Gaburro, nella fiera “Road to Contemporary Art” al MACRO. E avevo già avuto modo di studiare le opere con parole greche dell’artista presenti nella Galleria d’Arte “L’Incontro” alla Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di Bologna nel 2010. L’artista, in quell’occasione, mi invitò ad assistere allo spettacolo “La Costituzione Cancellata e altre disobbedienze”, tenuto dal Maestro stesso in costume di scena il 7 maggio 2011 a Roma presso la GNAM. Ho così avuto modo di conoscere anche la sua anima teatrale, nonché il suo impegno nell’esortare il pubblico e tutti gli Italiani a far rivivere i concetti morali indicati dai Padri Costituenti nel 1948, così necessari in questo momento di crisi in Italia.
Introduzione
Nel 1964 Emilio Isgrò comincia a creare le sue prime cancellature, opere dove quasi tutte le parole presenti sono eliminate con strisce di inchiostro nero o bianco (Isgrò 2007, p. 259). L’artista, con questa operazione, distrugge e ricostruisce il corpo stesso dei testi, così che le parole che non sono cancellate danno vita a nuovi corpi di parole, a ‘frasi’ prima illeggibili.
Marco Meneguzzo spiega come le cancellazioni sono “al contempo minacce di sparizione (benché quando tutto sia cancellato, resti l’idea di pagina, di libro...), ma anche epifanie, perché le parole rimaste si illuminano, diventano preziose, non tanto per l’esercizio epigrafico, quanto per la loro capacità evocativa. Sono un monito: tutto si può perdere e forse tutto si sta perdendo. Isgrò, dunque, non rinuncia alla sua innata vocazione ‘profetica’ venata di ironia.” (Meneguzzo 2007, p. 9).
Analizzerò qui quattro opere, eseguite negli anni 2006-2007, che presentano parole greche; le opere sono: Azione, Panormus, Giù, Parentesi: di queste Azione, Giù, Parentesi sono del 2006 e sono state pubblicate in Isgrò 2007b; Panormus, eseguita nel 2007, è una delle dodici opere di Isgrò esposte in permanenza presso la Galleria d’Arte L’Incontro a Chiari (BS).
Nella lettura di queste opere, cercherò di pormi le seguenti domande: che cosa vuol esprimere Isgrò cancellando dei testi interi o parziali? Da dove o da quale corrente pittorica prende ispirazione l’artista? Soprattutto, che rilevanza ha la scelta di vocaboli greci nella poetica dell’artista e nel contesto in cui opera? Secondo la mia ipotesi, le cancellazioni di Isgrò sono di due tipi:
un tipo di cancellazione ‘bestiale’ - ispirata alla dimensione dell'azione e alla lezione di Lucio Fontana - e fortemente connessa con la scelta dei termini greci; un tipo di cancellazione 'diminutiva', collegabile alla componente minimalista dell'arte del Novecento.
Quanto all’importanza dei termini greci nell’opera di Isgrò, oltre alla bibliografia sul tema, la fonte a cui farò ricorso è il colloquio che ho avuto con l’artista nel maggio 2011, nel suo atelier di Milano.
La cancellazione ‘bestiale’
Azione (2006). L’opera raffigura un libro aperto su due pagine; nella pagina a sinistra compare il brano cancellato, in cui si salvano due particelle in grafia greca (una desinenza di genitivo e un articolo al nominativo) sull’ottava riga: “οῦ, ὁ”. Sull’undicesima riga c’è una parentesi. Sulla tredicesima appare la frase “indicare l’azione”. Vorrei evidenziare almeno due fra i molti significati che può avere questa frase, anche sulla scorta della testimonianza resa dall’artista nel corso del colloquio che ho avuto con lui: con la parola ‘azione’, Isgrò invita ad agire prima che sia troppo tardi per salvare il nostro patrimonio linguistico. La frase “indicare l’azione” può poi riferirsi all’Action Painting di Jackson Pollock che mette enfasi sull’azione fisica sottesa alla creazione artistica, una ‘azione’ in senso proprio che riveste un ruolo molto importante per lo stesso Isgrò.
Azione, 2006, acrilico, tela, legno, 40 x 60 cm., collezione privata
Nella seconda pagina del libro aperto appaiono la Sicilia e la Calabria (Magna Graecia) ed il termine θηριομαχ che propongo di leggere in collegamento con l’opera seguente (Panormus, 2007), dove compare di nuovo la cartina della Sicilia.
Panormus (2007). Nell’ottava riga di Panormus del 2007 troviamo due parole greche “κατα, τέμνω” che significano ‘taglio in pezzi’, con un’accezione spesso legata a contesti feroci e cruenti. Pindaro, ad esempio, ricorre a questa locuzione nel contesto del banchetto cannibalesco organizzato da Tantalo: com’è noto il re della Lidia fece a pezzi suo figlio Pelope per imbandire un banchetto in onore degli dei olimpi. Nell’Olimpica I, composta per Ierone tyrannos/basilèus di Siracusa, nell’anno 476 a.C., Pindaro per evocare l’orrido sacrificio del padre sulle carni del figlio fa ricorso proprio a questa locuzione (Pindaro, Ol I, v. 50: μαχαίρᾳ τάμον κάτα μέλη; sul tema v. anche Lundahl 2008).
Panormus, 2007, acrilico, tela, legno, 40 x 60 cm., Galleria d'arte L'Incontro, Chiari (Brescia)
La locuzione costituisce una precisa indicazione delle cancellazioni dell’artista, una sorta di sigla del suo metodo di lavoro. Invece di tagliare il figlio Pelope, Isgrò taglia in pezzi le frasi. Secondo il mito, il corpo di Pelope fu poi ricomposto e riportato alla vita; e anche dopo i tagli di Isgrò, grazie a quegli stessi tagli, i testi antichi sono riportati alla vita con un messaggio nuovo. Isgrò inserisce nel suo metodo di lavoro un termine antico “κατα, τέμνω” convocando così il termine greco a legittimare la sua azione artistica del taglio/cancellatura.
Ma chi ha potuto ispirare Isgrò nell’adottare questa metafora che nella lingua greca è spesso legata a un episodio mitico violento? Nel corso del colloquio del maggio 2011, l’artista ha espresso la sua ammirazione per la lezione di Lucio Fontana (v. anche Isgrò 2007a, p. 253). I ‘tagli’ di Fontana assomigliano concettualmente alle sue ‘cancellazioni’. Del resto, Fontana dichiarava: “Io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere [...] tutti hanno pensato che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non distrutto.” (Bacuzzi 2007, p. 56). Entrambi gli artisti, Fontana e Isgrò, mediante un procedimento di ablazione – taglio o cancellatura – enfatizzano la dialettica di distruzione e nuova creazione comune alla loro poetica.
Il titolo Panormus è il toponimo greco della città di Palermo e significa ‘porto accessibile da tutte le parti’. La mappa sulla pagina a destra – dove Isgrò ha cancellato i nomi dei luoghi geografici – rivela anch’essa di nuovo che il tema dell’opera è la Sicilia. Nel corso della mia intervista del maggio 2011, l’artista ha sottolineato il fatto che cancellare i nomi geografici e riferimenti a episodi storici della Sicilia può essere considerato positivamente, come un modo di cancellare gli elementi che danneggiano la Sicilia, uno fra tutti la mafia.
Isgrò non cancella completamente le tracce storiche, come ci mostra la parola greca sulla pagina a destra: “ἐπικατέδραμον”, ‘ho/hanno fatto incursione’.
Il verbo potrebbe riferirsi alle guerre frequenti combattute sull’isola contro popoli invasori che travolgono come bestie altri popoli. La forma all’aoristo del verbo greco scelta dall’artista è ambigua e non ci fa comprendere se è un verbo alla terza persona plurale o alla prima persona singolare. Se il soggetto fosse ‘essi’: il verbo “ἐπικατέδραμον” potrebbe riferirsi sia agli invasori, sia al popolo siciliano. Se, invece, si scegliesse l’interpretazione della prima persona singolare, con il pronome ‘io’, il verbo greco ἐπικατέδραμον potrebbe riferirsi, in senso metaforico, allo stesso artista. Anche il verbo κατατέμνω, alla prima persona singolare, potrebbe essere interpretato in riferimento all’artista stesso che si rappresenta nell’atto di tagliare le parole.
Entrambi i verbi – κατατέμνω e ἐπικατατρέχω – hanno una connotazione molto ’bestiale’. L’artista usa sovente metafore che richiamano il lessico della bestialità e nelle opere Azione e Giù inserisce la parola “θηριομαχ”. In questo caso cancellando le ultime lettere del termine lascia a noi quale interpretazione dare, come declinare grammaticalmente, questo θηριομαχ ‘lottare contro le bestie’. Le bestie possono simboleggiare i testi che Isgrò deve distruggere, ma il verbo greco potrebbe anche significare ‘lottare come una bestia’. In un misto di autoelogio e di ironia l’artista suggerisce che gli animali selvaggi, e lui stesso, hanno in comune l’atto di cancellare; le bestie distruggono, cioè cancellano la vita. Ma la distruzione è necessaria prima della rinascita.
Giù (2006). Nella terza opera, Giù del 2006, Isgrò si conferma come un grande poeta visivo. Notiamo una prima rappresentazione suggestiva di animali selvaggi su una brocca per il vino, una vera e propria oinochoe.
Giù, 2006, acrilico, tela, legno, 40 x 60 cm., collezione privata
Si legge la frase “giù dal” alcune righe sotto la brocca. La frase potrebbe riferirsi sia al vino, sia alle bestie dipinte sul boccale: 1) Il vino corre giù dal boccale; 2) Le bestie sono invitate metaforicamente dall’artista a scendere giù dal boccale. La locuzione “giù dal” indica un movimento che si presenta come un parallelo del verbo greco ἐπικατέδραμον nell’opera Panormus: molte bestie corrono giù, fanno irruzione dall’alto. Isgrò identifica ancora se stesso, ironicamente, con una bestia che distrugge.
Parentesi (2006). Parentesi è un altro esempio della poetica di Isgrò. Sulla pagina a sinistra vediamo una parentesi, una virgola e un tempio greco abbandonato, le cui rovine sono aggredite dalle erbacce. Isgrò ci indica con la sua opera che la nostra cultura e il nostro linguaggio sono minacciati.
Parentesi, 2006, acrilico, tela, legno, 40 x 60 cm., collezione privata
La parola greca sulla pagina a destra ha la stessa radice di θηριομαχ. La forma θηρι è il tema della parola ‘bestia’. Il messaggio di Isgrò è filosofico poiché ci dice che:
1) Trascurando il nostro patrimonio culturale lasceremmo alla ‘bestia’ la possibilità di invadere i siti archeologici e li perderemmo per sempre.
2) Se non avremo cura della nostra eredità culturale, diventeremo noi tutti delle bestie.
La cancellazione ‘diminutiva’
Nell’opera Panormus troviamo la parola “diminutivo” sulla pagina a sinistra. Che cosa è esattamente un diminutivo? Nel greco e in molte lingue moderne esso esprime affezione, familiarità, delicatezza e alcune volte pietà o disprezzo (p.e. ‘mammina’, ‘belloccio’, ‘signorotto’) (Smith 1984 (1920), p. 235 §856). Ma il termine “diminutivo” può rimandare anche all’arte minimalista. Le opere di Isgrò, così come alcune espressioni di arte minimalista (si pensi per es. ai tagli di Robert Morris, v. Meneguzzo 2008, p. 75) tolgono tutto, salvo l’essenziale.
Nell’opera di Isgrò, Parentesi, il diminutivo greco, cioè la parola θηρίον è usato probabilmente sia nel significato letterale sia metaforico. Cito da una grammatica greca sui diminutivi: “Alcune parole, soprattutto quelle che indicano parti del corpo, sono diminutivi in forma ma non in senso; [...] come θηρίον (= θήρ)” (Smyth (1984), p. 235, § 855). Nell’uso di Isgrò θηρίον non è più un diminutivo solo formalmente, ma anche come significato, dato che il lavoro Parentesi esibisce anche altri elementi ‘minuscoli’ come la parentesi e la virgola.
Il ricorso alla parola “diminutivo” richiama la convinzione filosofica di Isgrò secondo cui le piccole cose hanno una grande potenza. Nel 1998 Isgrò ha donato alla sua città natale una gigantesca scultura dal titolo Seme d’arancia come simbolo di rinascita sociale e civile per i paesi del Mediterraneo (Isgrò 2007a, p. 222). Un seme è una cosa minuscola e abbiamo bisogno di una lente d’ingrandimento per studiarla da vicino, ma nel tempo può diventare un grande albero (Isgrò 2007a, dove l’artista esamina un seme d’arancia con una lente d’ingrandimento).
Considerazioni finali
Emilio Isgrò di Barcellona usa paradossi consonanti alla teoria eraclitea dei contrari, combinando ‘bestialità’ (tagli e cancellazioni) con piccoli oggetti o punteggiature (virgole, parentesi, semi d’arancia). Il suo amore per il ‘minimalismo’, nel significato primo del termine, traspare nell’opera con il titolo rivelatore Parentesi. L’uso dei termini greci antichi combina modernità e tradizione classica, e conferma il monito a non trascurare nella costruzione dell’opera anche le cose piccole e dall’aspetto domestico e insignificante.
Isgrò, per usare una felice definizione (Treu 2011, pp. 9-54), è un “classico suo malgrado”: “classico” perchè ritorna alle fonti greche sia linguistiche sia visive (come suggerisce la presenza del vaso greco in Giù, 2006); “suo malgrado” perché la sua intenzione è rompere con la tradizione, come fa Pollock nell’enfatizzare l’azione dell’artista, e come fa Fontana nel tagliare la tela. La poesia visiva di Isgrò si presenta anche, in qualche modo, come una sintesi del lavoro di questi due artisti: la presenza delle bestie sul boccale greco e la parola greca relativa alle bestie (sempre in Giù) suggeriscono l’impeto dell’azione artistica. Nell’opera Panormus del 2007 troviamo “κατα, τέμνω”, il termine greco che significa “taglio in pezzi”, quasi una sigla che caratterizza lo spirito di gran parte dell’arte che ha marcato la seconda metà del Novecento, un’arte che mette l’enfasi sull’azione stessa, un’azione che può essere anche violenta e distruttiva. Da un altro punto di vista si può notare come la parola “diminutivo” che emerge nella stessa opera è da leggere in parallelo a οῦ , ὁ, di Azione, due frammenti minimi − una desinenza, un articolo, − richiamano la dimensione minimalista e concettuale che ha permeato, con polarità opposta o complementare all’azione, l’arte del Novecento.
Nel significare tutto questo, Isgrò presenta il suo pensiero con leggerezza e ironia, e mediante l’identificazione con la bestia introduce anche un discorso importante sulla nostra civiltà minacciata, indicando la speranza che la nostra cultura greca non venga cancellata completamente dalla barbarie uniformante della globalizzazione e della mafia.
Nota biografica
Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è artista, scrittore, poeta, uomo di teatro e saggista. Partito dalla Poesia Visiva della quale è stato esponente di spicco, l’artista ha cominciato a produrre le prime Cancellature nel 1964, esponendole in gallerie e musei italiani e stranieri. Fra gli anni Settanta e Novanta è stato invitato ripetutamente alla Biennale di Venezia e ha ricevuto numerosi riconoscimenti. L’importanza della cultura greca per Isgrò, nato sull’isola dove è stato attivo Eschilo (morto a Gela nel 456 a.C.), è nota: l’artista ha anche tradotto in dialetto siciliano, dal greco antico, diverse opere e nel 2007 ha realizzato il manifesto per Trachinie di Sofocle ed Eracle di Euripide in collaborazione con la Fondazione Inda, Istituto Nazionale del Dramma Antico (XLIII ciclo di rappresentazioni al Teatro Greco di Siracusa: su questo vedi Isgrò 2011).
Collegamenti esterni
www.emilioisgro.info (archivio Emilio Isgrò)
www.boxartgallery.com (Galleria d’arte a Verona che collabora con il Maestro)
www.galleriaincontro.it (Galleria d’arte a Chiari con opere di Isgrò con parole greche)
Disobbedisco. Sbarco a Marsala e altre Sicilie (intervista di A. Giuga a Isgrò in occasione della mostra a Marsala, maggio - settembre 2010)
www.indafondazione.org/news/l’artista-emilio-isgr-firma-il-manifesto-del-xliii-ciclo-di-rappresentazioni-classiche (per il manifesto dell’Inda)
Bibliografia
Bacuzzi 2007
Paola Bacuzzi, scheda nel catalogo Arte Contemporanea. 1. Anni Cinquanta, a cura di Enrica Melossi in collaborazione con P. Bacuzzi ed altri, Milano, 2007
Bazzini 2007
Marco Bazzini, “Emilio Isgrò: l’arte del coniugare, ovvero io dichiaro, voi dichiarate”, Dichiaro di essere Emilio Isgrò, a cura di Marco Bazzini & Achille Bonito Oliva, Prato, 2007, p. 11-18
Isgrò 1990
Emilio Isgrò, Teoria della cancellatura. 1964-1990, Fonte d'Abisso, Milano 1990
Isgrò 2007a
Emilio Isgrò, La Cancellatura e Altre Soluzioni, a cura di Alberto Fiz, Milano, 2007
Isgrò 2007b
La Madonna di Pitagora spacca la Magna Grecia. Our Lady of Pythagoras splits Magna Graecia, a cura di Emilio Isgrò & Eduardo Caputo, Galleria d’Arte L’Incontro, 10 marzo – 29 aprile 2007, Chiari (Brescia)
Isgrò 2011
Emilio Isgrò, L’Orestea di Gibellina e gli altri testi per il teatro, a cura di Martina Treu, Firenze, 2011
Lundahl 2008
Kalle Lundahl, Les banquets chez Pindare, tesi di dottorato, Goteborg, 2008
Meneguzzo 2007
Marco Meneguzzo, Il Greco in occidente ovvero Emilio Isgrò (sotto l’albero) medita sul destino del vecchio continente, in catalogo della mostra “La Madonna di Pitagora spacca la Magna Grecia. Our Lady of Pythagoras splits Magna Graecia”, a cura di Emilio Isgrò & Eduardo Caputo, Galleria d’Arte L’Incontro, 10 marzo – 29 aprile 2007, Chiari (Brescia)
Meneguzzo 2008
Marco Meneguzzo, Il Novecento. Arte Contemporanea. I Secoli dell’Arte, collana a cura di Stefano Zuffi, Milano, 2008
Smyth [1920] 1984
Herbert Weir Smyth, Greek Grammar, revised by Gordon M. Messing, Harvard, [1920] 1984
Treu 2011
Martina Treu, Classico suo malgrado, in Emilio Isgrò. L’Orestea di Gibellina e gli altri testi per il teatro, a cura di Martina Treu, Firenze, 2011, p. 9-54
The Art of saving Greek Words (English abstract)
by Kalle O. Lundahl
Emilio Isgrò (born in Barcellona in Sicily in 1937) is an artist, writer, poet and essayist, who has also worked for the theatre. Starting with Visual Poetry, of which he was one of the most outstanding exponents, the artist began to produce his first erasures in 1964. He was invited to display at the Venice Biennale in 1972, 1978, 1986 and 1993, and awarded the first prize at the Biennale in Sao Paolo, Brazil in 1997. Aim of the present paper is studying four works by Isgrò with Greek words, in order to answer to the question: “What function have ancient Greek in contemporary art?”. It will also be proposed that the cancellations of Isgrò are of two types: a violent 'bestial' cancellation and a 'diminutive' one, in relation with two of the polarities of contemporary art, action and minimalism.
In the work Panormus (2007), we find two Greek words, “κατα, τέμνω”, that signify “cut up”, “cut to pieces”. In the First Olympian Ode composed for the king of Syracuse, Hieron, in 476 B.C., the Greek poet Pindar uses the phrase in the context of a presumed cannibalistic banquet organised by Tantalos in honour of the Olympian Gods. He would have cut up his son Pelops for the banquet. The Greek phrase is, how as it is used in Panormus, an eloquent metaphor for the cancellations of the artist. Instead of cutting up Pelops, Isgrò cuts words (propositions) to pieces. Thanks to the words “κατα, τέμνω”, found in a classical text, Isgrò is able to legitimize his revolutionary erasures. In Panormus (2007), we find the Italian term meaning “diminutive”. The artist uses it both in a literal and a metaphorical sense, referring to the fact that the Greek language contains many diminutives. The term can also be a reference to the Minimalist art. The works of Isgrò and Minimalist art are in fact stripped down to the very essential. On a philosophical level the word “diminutive” refers however to the conviction of Isgrò that small things are very powerful: in 1998, the artist donated a gigantic sculpture with the title Seme d’arancia “Orange pip” to his home town as a symbol of social and civil rebirth for Mediterranean countries. A seed is very small thing and we need a magnifying glass to study it closer, but when it has finally grown up we have a magnificent tree.