"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X
English abstract

Estranei nel salotto. Sogni, rebus, collage

Antonella Sbrilli

L'accostamento di elementi provenienti da contesti lontani; la presenza di una prima lettura – data dalla contiguità delle immagini o delle frasi così come appaiono – e di una seconda lettura, ottenuta per interpolazione o per ri-segmentazione; l'allusione a un residuo e a uno scarto fra i materiali in gioco, sono meccanismi in qualche modo comuni al sogno, al collage e al rebus. È noto come Freud nell'Interpretazione dei sogni (1901) per spiegare alcuni aspetti del lavoro onirico abbia richiamato proprio il meccanismo del rebus, accendendo una connessione fra psicoanalisi e tecniche dell'enigma che avrebbe portato fino a Lacan, col suo accostamento del sogno al gioco della sciarada. I rebus a cui si riferiva Freud alla svolta del '900 erano quelli pubblicati sul periodico “Fliegende Blätter”: scenette con situazioni di vita quotidiana e criptiche iscrizioni in lingua pseudo-latina che, spezzate in maniera adeguata, si rivelavano proposizioni scherzose in tedesco, portando con sé nuovi significati e un diverso modo di riguardare anche le immagini,  contemporaneamente estranee e collegate alle frasi [LYOTARD [1971] 2008].

Altri smontaggi e rimontaggi di spazi linguistici e figurativi, con accostamenti impervi e una implicita chiamata in azione dello spettatore, si ritrovano nelle esperienze artistiche coeve agli studi di Freud, fra simbolismo, dadaismo, metafisica, surrealismo. Il collage, in particolare, rivela una natura affine: spezzoni e ritagli di immagini e parole di diversa provenienza sono montati seguendo connessioni più o meno consapevoli e volontarie; favorendo indicazioni formali scaturite dagli stessi materiali, con una percentuale di casualità che permea l'origine, l'esecuzione, la lettura successiva del collage stesso.

Dal sogno al rebus, dal rebus al collage: "Spesso è stata notata la somiglianza del collage col rebus, con un rebus, tuttavia, che non si può risolvere" ha scritto Henning Ritter in un saggio che ha per sottotitolo Traum, Collage, Bilderatlas [RITTER 2000, p. 65]. Fra gli innumerevoli esempi di questa tecnica, rappresentativa di una svolta nell'estetica e nella creatività moderne, risaltano gli straordinari collage di Max Ernst – nella fattispecie quelli di Une semaine de bonté ou les sept éléments capitaux (1933, pubblicati nel 1934) – per i quali si è parlato sia di rebus sia di sogno. Non nel senso pedissequo (e non per forza disprezzabile...) di un enigma da sciogliere o di un significato da portare positivamente alla luce, ma nell'appropriazione di un meccanismo che si rivela isomorfo nell'esperienza psichico-neurologica del sognare, nella tradizione del 'serio ludere' con le figure e le parole, nella moderna percezione, simultanea e frammentaria, delle immagini riprodotte e diffuse dai mezzi di comunicazione di massa. 

Gruppo di famiglia in un interno

Dopo La femme 100 têtes (1929) e Rêve d'une petite fille qui voulut entrer au Carmel (1930), Une semaine de bonté è il terzo romanzo-collage dell'artista tedesco. Si tratta di una storia senza parole, costituita da 184 collage (182 pubblicati nell'edizione del 1934), realizzati ritagliando figure e scenari dai feuilleton, per lo più della fine dell' Ottocento, illustrati con xilografie, da riviste di scienza naturale, da cataloghi commerciali, incollati con incredibile precisione in modo da ottenere nuove immagini, stranianti, mai viste prima. 

"Max Ernst provò a cambiare le regole del raccontare" – argomenta Giuseppe Montesano a proposito dell'esperimento di Ernst, condotto sul crinale fra guardare e raccontare –  "strappò come un bambino che gioca le pagine dei vecchi libri e le rimise insieme in libri perversamente nuovi, in racconti condensati e fatti per immagini fratturate e ricomposte in narrazioni per immagini che erano in qualche modo ancora o di nuovo romanzi” [MONTESANO 2007, p. 487].

La struttura dell'opera segue una scansione ebdomadaria: ogni giorno della settimana, con partenza dalla domenica, è caratterizzato da un elemento 'capitale' (il fango, l'acqua, il fuoco, il sangue, il nero, la vista, l'ignoto) e da un esempio che fa da filo conduttore delle immagini: in esterni cittadini, all'interno di stanze pesantemente arredate, sui flutti di mari esotici si dipanano situazioni assurde, crudeli, violente, blasfeme, in cui si muovono esseri umani ibridati con bestie reali e immaginarie, come dragoni, uccelli o leoni. Fra i temi ideali che attraversano il romanzo-collage e che si connettono all'atmosfera del Surrealismo, Spies elenca la sessualità, l'anticlericalismo, la negazione della famiglia e della borghesia, il rifiuto del patriottismo nazionalista [SPIES 2009, p. 83], modulati con l'attrazione per il dettaglio secondario, per le leggi del caso, per le figure retoriche dei linguaggi visivi e verbali.

Il titolo, oltre che con i sette giorni della creazione, è messo in rapporto con il nome dell'associazione filantropica francese – fondata nel 1927 e ancora attiva – la 'Semaine de la bonté', in una sorta di antitesi grottesca, come quando Paolo Villaggio, nei panni della 'belva umana' Fracchia, davanti a comportamenti crudeli e umilianti, ripete il suo tormentone "Ma com'è buono lei!". 

Una mostra itinerante [ERNST 2009], culminata a Madrid (città dove i collage erano stati esposti, con qualche censura, nel 1936, e salutati come 'rompecabezas') e a Parigi (Musée d'Orsay), ha mostrato i fogli originali, ripercorrendone la potenza eversiva e l'irriducibile densità semantica, appoggiate a una maestria tecnica che è anch'essa una invenzione linguistica.

- M. Ernst, Une semaine de bonté, Troisième Cahier, Mardi, Element: Le feu. Exemple: La Cour du Dragon, collage n. 13 
- Illustrazione di Martyre! di A. d'Ennery, "L'aventuriere s'était mise en travers de la porte de Paulette et, pour passer, Laurent fit le geste de l'écarter" (p. 1166)

Come esempio di questi rompicapo enigmatici, di questi 'rébus simulés' [SPIES 2009, p. 56] in cui l'ipotesi della leggibilità e della decifrazione, per quanto elusive e mai definitive, non può mai essere del tutto accantonata, si può osservare il foglio n. 13 del terzo quaderno. È dedicato alla giornata del Martedì, all'elemento del Fuoco, e posto sotto il segno della Corte del Drago (la Cour o passage du Dragon), nelle cui strade e appartamenti si svolgono drammi surreali, interpretati da una borghesia mutante.

La base di quest'immagine è un'illustrazione del lungo romanzo-dramma Martyre! di Adolphe d'Ennery (1811-1899), autore – fra l'altro – de Le due orfanelle, pubblicato da Rouff, Parigi. Dal volume, Ernst trasse numerose immagini di partenza per le tavole di Une semaine de bonté, soprattutto per questo terzo quaderno, realizzato durante un soggiorno dell'artista, nel 1933, nel castello di Vigoleno (Piacenza), ospite della duchessa Ruspoli e dove, secondo le testimonianze, aveva portato con sé le pubblicazioni illustrate su cui lavorare di ritaglio. 

due illustrazione di Martyre! di A. d'Ennery, dettaglio dello specchio e ragazza in abito bianco

In questa tavola originaria, che illustra un concitato passaggio della complicata storia di Martyre!, Ernst ha aggiunto e interpolato altre immagini, alcune delle quali prese dallo stesso romanzo, senza seguire nessuna sequenza cronologica o narrativa. Nel grande specchio sulla parete di fondo, per esempio, ha inserito i profili di due delle protagoniste, ritagliate da un'altra illustrazione. Anche la giovane vestita di bianco, che tende le mani verso la tenda e la strana apparizione che la sovrasta, è tratta da Martyre!, prelevata da un contesto en plein air e inserita nella stanza.

G. Doré, illustrazione per Il Paradiso perduto di J. Milton: Satana e Belzebù, I, 221-224 e dettaglio  ruotato

L'apparizione sulla grande tenda è l'elemento davvero perturbante della scena ed è invece preso da una delle illustrazioni di Gustave Doré per un'edizione del 1866 del Paradiso perduto di John Milton, libro che Ernst aveva con sé durante il soggiorno, già nominato, nel castello di Vigoleno. 

Il corpo, che nel collage è appeso e come incorporato alla tenda, è tratto da una scena al principio del I libro del Paradiso perduto, in cui Satana e Belzebù si incontrano dopo la caduta dal Cielo. Satana rincuora il compagno che si contorce fra i "turbini di un fuoco tempestoso", invitandolo a una nuova rivolta. Poi – e questi sono i versi illustrati da Doré (221-24) – "Subito fuori solleva la mole possente dal lago; e da ogni lato le fiamme risospinte indietro / si incurvano in spire appuntite agitandosi in flutti / lasciano in mezzo un'orrida vallata" ("Forthwith upright he rears from off the pool / His mighty stature; on each hand the flames / Driv'n backward slope their pointing spires, and rolles / In billows, leave i' th' midst a horrid vale"). 
Max Ernst ritaglia la figura dell'angelo caduto, la priva delle ali e la inserisce fra le tappezzerie della casa, ruotata in modo da sembrare appesa e non più semi-sdraiata. Un preoccupante telamone domestico, ma anche un crocefisso vivente ottenuto per semplice rotazione a sinistra, di pochi gradi, della figura demoniaca; pochi gradi modificano la polarità orizzontale con quella verticale, la caduta con il sacrificio, collegando il Vecchio e il Nuovo Testamento, entrambi approdati, e impigliati infine, in un salotto ottocentesco.

M. Ernst, Une semaine de bonté, Troisième Cahier, Mardi, Element: Le feu. Exemple: La Cour du Dragon, collage n. 13

"Nessuno tra gli artisti della Modernità – secondo Giuseppe Montesano – ha portato così lontano come Max Ernst l'elemento che mette la parola fuori gioco e costringe il pensiero stesso a ricomporre il proprio alfabeto: nei romanzi-collage le cose hanno perso la parola, ma hanno guadagnato l'immagine. E le immagini che si levano incongrue nei romanzi-collage sono i segni di un alfabeto che non ha ancora nome, emanazioni di un potere di combinazione che non ha alcuna fretta di rivelare il suo enigma" [MONTESANO 2007, pp. 496-497].

Come esempio circoscritto di un'immagine senza nome si può osservare, sempre nel collage n. 13 di Une semaine de bonté, il quadro sulla destra della tenda. Nell'illustrazione originaria di Martyre!, in quella cornice è contenuto un paesaggio. Ernst sostituisce spesso, specialmente in questo terzo quaderno dell'opera, i quadri delle illustrazioni originali con immagini interpolate, prese da altre tavole di Martyre! o scelte da repertori diversi. "Le tableau dans le tableau" – choses connues, choses étranges: così Werner Spies descrive questo aspetto della fantasia ri-assemblatrice di Ernst  [SPIES 2009, pp. 83 e ss.], rilevando la funzione di commento sui generis che queste immagini svolgono. Tutte le superfici che si incontrano nelle stanze, quadri, specchi, pannelli, paraventi sono riempite di figure ritagliate da altre pagine dello stesso romanzo oppure di dettagli di forme biologiche, zoologiche, tessili, ai limiti di quell'astrazione che si produce quando forme altrimenti identificabili vengono ingrandite, rovesciate o isolate. Sono nuovi elementi di una lingua mista, che prende senso dalla relazione di vicinanza o di contrasto con gli altri elementi visibili e nominabili. 

Giorgio Ansaldi (Dalsani), Rebus, "L'Enigma", Torino, a. I, 3 marzo 1878

Luis Buñuel, L'angelo sterminatore (Messico, 1962), due fotogrammi

Orsi in casa

A mezzo secolo prima dei collage di Ernst risale un rebus disegnato dal vignettista e litografo piemontese Giorgio Ansaldi (1844-1922), conosciuto col nome d'arte di Dalsani, anagramma del cognome. È una vignetta apparsa sul mensile torinese "L'Enigma", nel numero del 3 marzo 1878. Anche in questo caso, la scena è ambientata nella stanza di una casa borghese, con qualche accenno di mobilio e decoro, una padrona di casa abbigliata alla moda e una grande tenda. E anche qui la tenda è il tramite di una presenza in contrasto con lo spazio domestico in cui si trova. 

Prolifico e versatile disegnatore, Dalsani è noto, nella storia del rebus italiano, per aver contribuito a modernizzare il gioco con vignette così dette 'unitarie', in cui le figure e le lettere che servono per arrivare alla soluzione sono armonizzate in una scena coerente, auto-consistente. Come in questo esempio, in cui si potrebbe anche ignorare che il disegno è il supporto di un indovinello figurato. La plausibile surrealtà di questa immagine è sufficiente a se stessa: il gesto quasi lezioso della donna che scopre il lembo della tenda, ornata di uno strano decoro, consente l'irruzione del ferino nella stanza; stanza in cui si intravedono dettagli eloquenti anche se secondari, un ritratto femminile, dei soprammobili in forma di lettere, una maschera. Ce n'è abbastanza per un sogno o per il racconto di un sogno, una Traumnovelle densa di pulsioni, desideri, paure e pericoli. Ma l'immagine è anche un rebus e richiede – a differenza dei collage di Ernst – di approdare a una lettura univoca, a una proposizione che trasformi le figure in una frase compiuta. 

Le sagome massicce (spesse) delle due lettere maiuscole IL si trovano su una mensola sotto una maschera comica ed ecco l'incipit della soluzione: "Sotto ridente maschera spesso il".  Il decoro sulla tenda è una lettera L composta di catene di O, dunque - secondo una convenzione usata spesso nei rebus ottocenteschi - va letta come "d'o l". "Sotto ridente maschera spesso il dol". La frase si completa con "orsi" e con il verbo "cela", retto dalla tenda come soggetto sottinteso. Quindi "Sotto ridente maschera spesso il dolor si cela", una sentenza che, con la sua moderata saggezza, parla ancora di doppio, di simulazione, di convenzioni e di sommerso.

Nel film di Buñuel L'angelo sterminatore (El angel exterminador, Messico, 1962, b/n), nella villa di Calle de la Providencia da cui nessuno può uscire e in cui nessuno può entrare, si aggira anche un grosso orso bruno. Fa la sua apparizione in cucina nelle prime scene del film, verso la fine un uomo informa che è addomesticato, ma durante la segregazione viene additato dagli ospiti come la bestia, correa del sortilegio che li tiene prigionieri. L'elegante salone della casa è il campo di battaglia di tensioni, di apparizioni demoniche, di allucinazioni, di colpi di scena in un cui la tenda svolge il suo ruolo drammatico. 

Bertall, due illustrazioni per Balzac, Petites misères de la vie conjugale, 1846

Scene da un matrimonio

Una trentina di anni prima della vignetta di Dalsani, il celebre disegnatore francese Charles Albert d'Arnoux (1820-1882), noto anche lui – come lo stesso Dalsani – con un nome d'arte che è il risultato di un gioco di parole (Bertall: inversione delle sillabe di Albert), aveva illustrato Petites misères de la vie conjugale di Honoré de Balzac, 1846.

La parabola matrimoniale della coppia Caroline e Adolphe è raccontata dallo scrittore con amaro umorismo, con sguardo da "archeologo dell'attualità" per cui "la mimica mondana e i fiori d'arancio mimetizzavano a malapena le trattative sul patrimonio dei fidanzati" [SCARAFFIA  2001 p. XVII].
Balzac descrive situazioni topiche dal punto di vista maschile e femminile e la rete di relazioni parentali e sociali dell'epoca. Scava nel visibile e nell'invisibile delle stanze coniugali, arrivando a immaginare presenze che quasi anticipano le creature alate di Max Ernst: "Guardate Caroline con malinconica disperazione ed ecco i fantasmi dei pensieri che sbattono con le loro ali di pipistrello, con i loro becchi di avvoltoi, con i loro corpi di falene, contro le pareti del palazzo in cui, come una lampada d'oro, brilla il vostro cervello, acceso dal Desiderio" [BALZAC [1846] 2001, p. 91].

Vi si trovano inoltre non pochi calembours e anche un gioco con le parole 'usato' in società e basato sui molti sensi – in francese – del suono "mal", fra cui male, maschio, bagaglio, diligenza. Nel libro, Adolphe deve indovinare quale parola è stata pensata in sua assenza ponendo delle domande ai giocatori e proprio questa polisemia del termine scelto è all'origine di equivoci e imbarazzi. Ed è anche una prova della duttilità fonetica della lingua francese, che è alla base del modo in cui si strutturano i suoi giochi di parole.

Gli schizzi di Bertall visualizzano le situazioni e le metafore ricorrenti nel testo di Balzac con grande sintesi icastica, allestendo scenari in cui convivono ritratti fisiognomici; dettagli d'abbigliamento e d'arredo, fra cui numerose tende che dissimulano segreti; finestre dentro cui curiosare; e poi orsi in gabbia, occhi dilatati, figure mefistofeliche che manovrano gli sposi come marionette dentro la loro stessa casa, qualche pipistrello, in francese chauvesouris / topo calvo, vocabolo eccellente per sciarade, secondo Stendhal [BARTEZZAGHI 2004, p. 127]. 

Riportati da Michaud (1998) e discussi da Didi-Huberman (2002), alcuni appunti di Aby Warburg risalenti al 1923 testimoniano l'attrazione dello studioso tedesco per queste illustrazioni del libro di Balzac, a lui note in un'edizione tedesca del 1848. In questi appunti Warburg rende un appassionato omaggio al volume, dicendo testualmente: "nessun libro ha avuto su di me giovane un'influenza tanto romanzesca e sovversiva quanto le Petites misères de la vie conjugale di Balzac, con le illustrazioni francesi di [Bertall]. In quelle illustrazioni si trovavano satanismi (...), bizzarrie (...) che ho visto ancora prima di cader malato di tifo nel 1870 e che hanno assunto un ruolo curiosamente demoniaco nei miei deliri febbrili" .

Didi-Huberman sottolinea che proprio a partire da queste immagini "virulente e quasi surrealiste – particolarmente numerose sono in particolare le figure di rebus – Warburg sviluppa tutto il ventaglio di un processo empatico" [DIDI-HUBERMAN [2002] 2006, p. 390]. 

Bertall, illustrazione per Balzac, Petites misères de la vie conjugale, 1846

Il riferimento è forse alla ricca tradizione del rebus francese dell'Ottocento, con il suo repertorio di figure-chiavi prese dalla vita quotidiana o dalla mitologia e mescolate a pittogrammi o a cartigli per illustrare una frase proverbiale, un modo di dire, un doppio senso fonetico e visivo. Il rebus fu praticato da disegnatori come Cham (Amédée de Noé); Théodore Maurisset, attivo per il settimanale "L'Illustration"; e anche dal grande caricaturista Grandville. Godette di una diffusione popolare assai vasta e, nel contempo, si insinuò nelle ricerche sul linguaggio, come ha spiegato Jean François Lyotard, accostando il gioco ai testi di Mallarmé, alle indagini di Freud, alla pittura analitica di Cézanne: "In entrambi i casi vi sono giochi di decostruzione degli spazi linguistici e plastici; scossa degli ordini istituiti negli uni o negli altri; vibrazione delle scritture" [LYOTARD [1971] 2008 pp. 351-352]. 

Nei decenni cruciali fra Ottocento e Novecento, le forme che mettono in contatto la narrazione con la figura sprigionano una grande forza immaginativa, aprono spazi interstiziali fra i linguaggi, pescando in zone del pensiero non incanalate con sicurezza nella narrazione o nella rappresentazione. Fra queste il rebus, che alterna l'immagine e la parola, mostra la sua natura di dispositivo che gioca con se stesso, una sorta di 'macchina celibe' su cui – come in questo capolettera di Bertall – le due polarità stanno in altalena. 

Riferimenti bibliografici
  • BALZAC [1846] 2011
    Honoré de Balzac, Petites misères de la vie conjugale, Illustrées par Bertall, Paris 1846, ed. it. Piccole miserie della vita coniugale, pref. G. Scaraffia, Roma 2011; on line: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8600245t/f11.image.r=.langFR
  • BARTEZZAGHI 2004
    S. Bartezzaghi, Incontri con la Sfinge. Nuove lezioni di enigmistica, Torino 2004
  • DIDI-HUBERMAN [2002] 2006
    G. Didi-Huberman, L'image survivante. Histoire de l'art et temps de fantômes selon Aby Warburg, Paris 2002, ed. it. L'immagine insepolta. Aby Warburg, la memoria dei fantasmi e la storia dell'arte, Torino 2006
  • LYOTARD [1971] 2008
    J. F. Lyotard, Discours, figure, Paris 1971, tr. it. Discorso, figura, Milano 2008
  • ERNST 2009
    M. Ernst, Une semaine de bonté. Les collages originaux, Catalogo della mostra a cura di W. Spies, Madrid, Fundación Mapfre 11-2/31-5-2009; Paris, Musée d'Orsay 29-6/13-9-2009
  • MICHAUD 1998
    P. Michaud, Aby Warburg et l'image en mouvement, Paris 1998
  • MONTESANO 2007
    G. Montesano, Le sirene cantano quando la ragione si addormenta, in Max Ernst. Una settimana di bontà. Tre romanzi per immagini, Milano 2007
  • PAZZINI 1990
    K. J. Pazzini,  Bilderrätsel. Max Ernst und die Psychoanalyse, "BDK-Mitteilungen", 4, 1990, pp.4-9
  • RITTER 2000
    H. Ritter, Die Bevorzugung der Nebensächlichen. Traum, Collage, Bilderatlas, in Die Fassaden am East River, Frankfurt a. M., 2000
  • SCARAFFIA 2011
    G. Scaraffia, Le piccole miserie di Honoré de Balzac, in Honoré de Balzac. Piccole miserie della vita coniugale, Roma 2011
  • SPIES 2009
    W. Spies, Les désastres du siècle, in Max Ernst. Une semaine de bonté. Les collages originaux, catalogo della mostra a cura di W. Spies, Madrid, Fundación Mapfre 11-2/31-5-2009; Paris, Musée d'Orsay 29-6/13-9-2009

Per l'aiuto a distanza, ringrazio Bärbel Nordhaus (BDK-Mitteilungen, Hannover) e Mario Rolle (Biblioteca Storica della Provincia di Torino). 

English abstract

Une semaine de bonté (1933/34) is the third collage-novel by German artist Max Ernst, realized - during his staying at Vigoleno (Northern Italy) - cutting with extraordinary care figures taken from popular novels' illustrations, scientific journals and other 19th century printed sources. These new images created by Ernst transform bourgeois Parisian houses in disturbing scenarios, with beastly, hybrid presences, oddities and absurd situations. The essay analyses the collage n. 13 of Une semaine de bonté's third volume. In this collage, Ernst assembled excerpts taken from the engravings of the feuilleton Martyre!, interpolating them with Gustave Doré's illustration of Milton's Paradise Lost. In particular, the figure of the fallen angel Beelzebub is rotated from the original horizontal to a vertical position and hanged to the curtain in the room. The unsetting effects of this method have been compared with some aspects of the dream work as analyzed by Freud, who expressly referred to rebus to explain it. Dreams, collages, rebuses share an affinity not in the immediate sense that they all need a solution/interpretation, but because they show a similar workings. From this point of view, a rebus, created in 1878 by Italian lithographer Giorgio Ansaldi (alias Dalsani) is presented. It shows - in a bourgeois house - a young elegant lady opening a curtain from where some bears enter the room. Even if in this case the solution is given (Sotto ridente maschera spesso il dolor si cela = Under a smiling mask, the sorrow often hides away), the unheimlich presence behind the curtain is noteworthy. A brown bear walks around in the house of Buñuel's El ángel exterminador (1962).

 

keywords | Images; Max Ernst; Gustave Doré; Collage; Dream; Rebus; Puzzle; Giorgio Ansaldi; Buñuel.

Per citare questo articolo / To cite this article: A. Sbrilli, Estranei nel salotto. Sogni, rebus, collage, “La Rivista di Engramma” n. 100, settembre-ottobre 2012, pp. 261-268 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2012.100.0032