Mese di Luglio - Leone
Marco Bertozzi
>Mese per mese
Fascia superiore
Tutela di Giove e Cibele, dalla corona turrita. Cibele condivide con il sovrano degli dèi il trionfo di questo mese, su un carro trainato da due grandi leoni. La regalità degli animali si riferisce non solo a Zeus, ma anche alla Dea Madre: secondo la geografia zodiacale, il Leone celeste domina la Frigia, regione consacrata al culto di Cibele (Manilio, Astr., IV, 759). Sul capo di Giove volteggia un’aquila, animale sacro al dio.
L’aggiunta di Cibele, alla tutela del segno, ci attesta che a Schifanoia viene scrupolosamente rispettato l’ordinamento olimpico stabilito da Manilio: la coppia Giove-Cibele, come doppia tutela del Leone, è un’associazione del tutto peculiare, non riscontrabile altrove.
A destra, sullo sfondo, è adagiato Attis, il giovane pastore frigio che, reso pazzo da Cibele, finì per evirarsi – come evidenzia la cruda e realistica messa in scena pittorica. I sacerdoti (con piatti, cembali e tamburi) e i giovani (che brandiscono le spade) sono rispettivamente da intendere come “galli” e “coribanti”, cioè sacerdoti di Cibele. La scena nuziale, a sinistra, potrebbe rappresentare le nozze di Bianca d’Este, sorella di Borso, con Galeotto della Mirandola, fratello del celebre Pico. Sopra la rappresentazione delle nozze, un edificio sacro, con all’interno tre altari, un monaco orante ed un altro in piedi. All’esterno dell’edificio, due monaci questuanti e altri tre, in piedi, che sembrano conversare tra loro.
La divinità femminile, Cibele, ha come copricapo una corona turrita e porta nella destra un bastone (scettro), mentre con la sinistra tiene un oggetto non più leggibile, da alcuni inteso come un mazzo di chiavi. In primo piano, a destra tra i sacerdoti e i giovani armati di spade, campeggiano alcuni sedili vuoti. I troni vuoti di Cibele (come aveva già dimostrato Fritz Saxl nelle note aggiunte alle opere di Warburg; cfr. Bertozzi 1999, p. 82, nota 89) sono entrati nella tradizione mitografica attraverso un luogo corrotto: “sedes fingantur”, si dipingano sedie, invece di “sedens fingatur”, si dipinga Cibele seduta. Boccaccio riprende e accredita le “sedes vacuae” (i troni vuoti) con una lunga serie di spiegazioni allegoriche, per dare sistemazione e senso agli attributi relativi a Cibele (Gen. de., III, 2). Nella letteratura mitografica tardomedievale, le sedie vuote si trovano solo nelle Genealogie di Boccaccio, che costituiscono dunque la fonte dell’erudito ideatore del programma pittorico. A conferma di ciò, troveremo una simile anomalia (Vulcano e le scimmie) nello scomparto di settembre, che conferma ulteriormente la presenza e l’importanza di Boccaccio nella fascia superiore dei dipinti.
Fascia mediana – I tre decani accompagnati dal segno zodiacale del leone
Primo decano (Leone I)
Un uomo con copricapo e abito talare, seduto sopra un albero dalle grandi fronde e ampie radici. Sui rami dell’albero compaiono anche un cane e un uccello.
La descrizione di questo decano, che dipende dalla sfera indiana di Albumasar (Bertozzi 1999, pp. 57-58; Jaffé [1932] 1999, p. 118), trova corrispondenza nel mito astrale legato alla costellazione dell’Idra, che si estende dal Cancro alla Vergine, e sul cui dorso sono collocate la Coppa e il Corvo. Secondo tale mito (Igino, De astr., II, 40, 1), Apollo inviò il corvo, animale a lui sacro, ad attingere acqua sacrificale ad una fonte, con una coppa. Il corvo vide un albero di fichi e si appollaiò sui suoi rami, in attesa che i frutti maturassero. Dopo alcuni giorni, divorata una grande quantità di fichi, il corvo tornò con la coppa piena. Ma Apollo, che a causa del ritardo aveva dovuto usare altra acqua, decise di punire il corvo impedendogli di bere durante la maturazione dei fichi. Il corvo è immaginato mentre becca la parte posteriore dell’Idra, nel disperato tentativo di raggiungere la coppa con cui placare la sete (cfr. Bertozzi 1999, p. 58 e p. 60, fig. 12).
Secondo decano (Leone II)
Un uomo di pelle scura, di aspetto leonino, con una ghirlanda bianca sul capo, una freccia nella mano destra e un arco nella sinistra. Porta un abito con panni svolazzanti e tiene un ginocchio ripiegato.
Anche il particolare del naso (camuso) è puntualmente descritto nella sfera indiana di Albumasar (Bertozzi 1999, pp. 58-61; Jaffé [1932] 1999, p. 118). La corona di mirto e la freccia (scettro) alludono a Regulus, il piccolo re, la stella che brilla nel cuore del Leone celeste. Ai nati sotto questo influsso spetterà un destino regale (cfr. Bertozzi 1999, p. 60).
Terzo decano (Leone III)
Un uomo di pelle scura, orrendo, vestito di panni svolazzanti, stretto in vita da una cintura con diadema, a cui è appesa una spada. Tiene con la sinistra un cosciotto di carne cruda, di cui avidamente inghiotte un boccone sanguinolento.
La descrizione, che più corrisponde all’immagine ferrarese, si trova nella versione di Pietro d’Abano (Bertozzi 1999, p. 61; Jaffé [1932] 1999, p. 118). L’indagine di questo decano indica un rapporto con l’Orsa, che si nutre di carne, e il boccone tenuto con la destra corrisponde alla frusta menzionata nel testo di Teucro il babilonese (Boll 1903, p. 109 e p. 513). Si tratta, dunque, del guardiano o custode della costellazione dell’Orsa, cioè Boote.