NEWS | aprile 2001
Lorenzo Bonodi | Il volto di Cristo. Presentazione alla mostra, Palazzo delle Esposizioni - Roma, 9 dicembre 2000 / 16 aprile 2001, catalogo a cura di Giovanni Morello e Gerhard Wolf, Electa 2000.
English abstract
Verbum caro factum est, e l’aniconismo imposto dalla legge veterotestamentaria cade davanti al mistero dell’Incarnazione di Cristo: il Divino assume un corpo e un volto umani, quelli di Gesù di Nazareth, diventando così visibile e raffigurabile. È fortemente intuibile in questo caso la potenza delle immagini, delle rappresentazioni figurative come veicoli linguistici, la loro ricezione, la loro funzione e le contraddizioni che inevitabilmente portano. La tipologia iconografica del Volto di Cristo si diffonde e si moltiplica nella storia della religione cristiana come simbolo della vicinanza tra uomo e Dio: dapprima si imprime miracolosamente su teli di lino (come nel caso della Veronica, della Sindone e del Mandylion), poi ne compaiono riproduzioni acheropitai "non eseguite da mano umana" (come il Santo Volto di Lucca e quella conservata al Laterano). Da queste reliquie, ritenute da sempre attraverso la storia, la tradizione e il culto, fonti iconografiche dirette e ‘sicure’ per la realistica raffigurazione di Cristo, la tipologia figurativa si irradia in innumerevoli opere: dipinti su tavola, codici miniati, monete, sculture ed arazzi. Così, attraverso la tradizione, le verae icones si fanno modello per le opere di Beato Angelico, Mantegna, van Eyck, Dürer, Memling, Benozzo Gozzoli, Filippino Lippi, El Greco, Guido Reni e altri. La fortuna – iconografica e devozionale – dell’immagine del volto di Gesù di Nazareth è testimoniata dalle centotrenta opere riunite in questa mostra che presenta un excursus dalle immagini acheropite fino alle celebri fotografie della Sacra Sindone del 1898. Visitando la mostra, tuttavia, si percepisce la forte sensazione di essere davanti ad una rassegna di "copie di copie": gli ‘originali’ non sono presenti. La Veronica resta in Vaticano, il Volto Santo a Lucca, l’Acheropita Lateranense rimane in cima alla Scala Santa e come è noto, il mitico mandylion originale è disperso o non più identificabile; numerose le repliche e le ‘misure’ della Sindone che, però, non si sposta da Torino. Le immagini originali insomma, in virtù della loro natura di ‘copia’ diretta del Volto di Cristo, si rivestono di un valore ‘miracoloso’, sacrale e cultuale che nega loro la possibilità di adempiere il loro compito: conservate in inaccessibili sancta sanctorum non sono più in grado di rendere visibile l’invisibile. Ma grande è il potere delle immagini. Così le irradiazioni generano altre irradiazioni, e di riflesso in riflesso, attraverso copie e derivazioni, i tratti del viso di un uomo vissuto duemila anni fa continuano a rappresentare per la cristianità il Volto visibile del Divino.
Per citare questo articolo / To cite this article: Lorenzo Bonodi, Il volto di Cristo. Presentazione alla mostra, Palazzo delle Esposizioni - Roma, 9 dicembre 2000 / 16 aprile 2001, catalogo a cura di Giovanni Morello e Gerhard Wolf, Electa 2000, “La Rivista di Engramma” n. 7, aprile 2001, pag.37-38 | PDF.
C. Daniotti | Recensione a: Chocolat, regia di Lasse Hallström, Gran Bretagna/USA 2000
In una fredda giornata invernale, giunge nel piccolo villaggio francese di Lansquenet la giovane Vianne Rocher accompagnata dalla figlia. La presenza della donna non si inserisce però nell’ordinato sistema della tranquillité cittadina, imposto e garantito dal sindaco, il conte di Reynaud: la bella signora arriva con una figlia che non ha un padre (o meglio non sa chi sia), non indossa scarpe scure come le altre donne del paese, non partecipa alla Messa e apre un negozio di cioccolata proprio durante il digiuno quaresimale. Nel microcosmo del villaggio Vianne è una barbara a tutti gli effetti: non solo per costumi, ma anche per nascita. Nelle sue vene infatti, scorre il sangue Maya della madre; proprio da lei Vianne ha appreso i segreti di un’antica bevanda che i suoi antenati d’oltre Oceano credevano capace di mettere in comunicazione gli uomini con gli dei: il cioccolato. Sciolto in tazza, forgiato in mille forme (dalle conchiglie ai capezzoli di Venere), glassato, speziato, aromatizzato e arricchito di rare qualità di peperoncino, il cioccolato diventa un vero e proprio pharmakon dalle molteplici virtù. Sotto i suoi effetti si risvegliano le passioni, si liberano i desideri, si ritrovano coraggio e fiducia in se stessi. Così attorno a questa donna, barbara ed esperta di filtri come Medea, si crea un circolo di donne e uomini, un vero e proprio thiasos, che apprende e custodisce i segreti del potente pharmakòs. Alla fine anche lo stesso sindaco Reynaud, rigido tutore dell’ordine politico, religioso e morale del paesino, cadrà vittima del potere del cioccolato quando, nel pieno della furia iconoclasta che lo spinge a devastare la vetrina del negozio, ne assaggerà accidentalmente un minuscolo frammento. E così, ancora una volta, l’enthousiasmòs vincerà sulla tranquillité.
Per citare questo articolo / To cite this article: C. Daniotti, Recensione a: Chocolat, regia di Lasse Hallström, Gran Bretagna/USA 2000, “La Rivista di Engramma” n. 7, aprile 2001, p. 39 | PDF
Sara Agnoletto | Recensione a: Vincenzo Cerami e Silvia Ziche, Olimpo S.P.A., Einaudi, Torino 2000
Immaginate che gli dei, invece che godere della propria condizione di beati in un Olimpo “sempre avvolto da una serenità senza nubi”, si annoino a morte perché gli uomini, avendo altri pensieri per la testa (calvizie, cellulite, tv, etc...), si sono dimenticati di loro... Immaginate che Giove, il padre degli dei, inficiato ogni suo tentativo di rivestire il proprio ruolo di “fecondatore dell’universo” dalla gelosissima moglie Giunone, donnona mediterranea che porta con sé quale scettro del potere un battipanni, si rivolga a un satiro (e non avrebbe potuto essere diversamente!) psicologo un po’ freudiano... Immaginate che il satiro gli diagnostichi, alla base della sua irresistibile attrazione per le donne, uno stato depressivo provocato dalla sua condizione di prepensionato e che gli riveli come cura della sua malattia la riconquista del suo ruolo di divinità suprema... Immaginate inoltre che gli dei tornino sulla terra, guidati da Giove, per conquistare nuovi discepoli tra gli uomini e cercando di risolverne i problemi, dando vita a divertenti situazioni... Avrete allora tutti i presupposti di una satira geniale che gioca con la tradizione classica, manipolandola con fantasia, consapevolezza e ironia, mettendo in ridicolo la superficialità e l’assenza di valori di un’umanità anestetizzata dalle telenovelas e cieca di fronte ai propri problemi.
The exhibition, centered around the iconography of Christ's face, explores the complex relationship between the miraculous and the man-made in religious art. The concept of the vera icon—a true image, often believed to be miraculously created—is examined in relation to the historical development of Christ's portraiture. While these original images, such as the Veil of Veronica and the Shroud of Turin, were considered direct and authentic representations of Christ's face, their inaccessibility has led to a proliferation of copies and derivatives. This essay delves into the implications of this phenomenon, discussing the role of these images in fostering devotion, the challenges of authenticity in religious art, and the enduring power of visual representations in shaping religious belief.
In the quaint French village of Lansquenet, Vianne Rocher, a mysterious woman with a Mayan heritage, arrives with her daughter. Her unorthodox lifestyle and exotic chocolate shop disrupt the town's rigid social order. Vianne's chocolate, infused with ancient Mayan traditions, serves as a potent aphrodisiac and catalyst for change. It awakens passions, liberates desires, and challenges the established norms of the village. Despite initial resistance, the townspeople, including the authoritarian mayor, eventually succumb to the allure of chocolate and the transformative power it holds. This narrative explores themes of tradition versus modernity, the power of desire, and the liberating potential of unconventional pleasures.
This satirical concept reimagines the Greek gods in a contemporary setting, grappling with the challenges of irrelevance in a world obsessed with trivial matters. Bored and depressed, Zeus, the king of the gods, seeks the help of a Freudian satyr to diagnose his malaise. The satyr attributes Zeus's woes to a mid-life crisis and prescribes a return to his divine duties as a solution. The gods subsequently descend to Earth to reconnect with humanity and restore their former glory. This humorous tale blends classical mythology with modern psychology, satirizing contemporary society's superficiality and lack of spirituality. Through the lens of divine intervention, the narrative explores themes of identity, purpose, and the enduring relevance of ancient myths.
keywords | Iconography, Christ, Shroud of Turin, Veil of Veronica, authenticity, devotion, Christianity, desire, passion, pharmakon, Greek mythology, satire, Zeus, Freudian psychology, mid-life crisis.
Per citare questo articolo / To cite this article: S. Agnoletto ! Recensione a: Vincenzo Cerami e Silvia Ziche, Olimpo S.P.A., Einaudi, Torino 2000, “La Rivista di Engramma” n. 7, aprile 2001, p. 40 | PDF