I progetti di Peter Behrens per Alexanderplatz 1928-1932
Giacomo Calandra di Roccolino
English abstract
Il progetto per Alexanderplatz a Berlino appartiene all’ultima parte della carriera professionale di Peter Behrens e oltre a essere uno dei progetti a scala urbana più importanti di tutta la sua opera è l’unico di questo tipo a essere stato almeno in parte realizzato. Il progetto fu redatto in una prima versione per essere presentato al concorso bandito nel 1929 per la riconfigurazione di Alexanderplatz, mentre una seconda versione fu elaborata successivamente, quando Behrens ricevette l’incarico dalla banca americana Lawrence Stern and Company di rivederlo adattandolo alle esigenze dei committenti. Di questo secondo progetto fu portata a termine solo una parte, costituita dai due edifici chiamati più tardi Alexanderhaus e Berolinahaus, che ancora oggi, nonostante i danni bellici e le successive ricostruzioni, chiudono la piazza verso sud-ovest.
Le due versioni del progetto, benché per molti aspetti differenti, hanno come denominatore comune alcuni temi compositivi propri del linguaggio architettonico di Behrens, sviluppati dall’architetto durante tutta la sua carriera a partire dall’esperienza del Werkbund e trattati nella sua vasta produzione teorica. I temi che Behrens affronta ed elabora nelle soluzioni proposte per Alexanderplatz riassumono e in qualche caso inseriscono elementi nuovi nella sua riflessione teorica sulla città e sull’architettura.
Il processo progettuale che portò Behrens a formulare le due proposte può essere ricostruito grazie a una serie di circostanze fortuite, vista la perdita di molti disegni e la dispersione dei materiali superstiti. Inoltre, il ritrovamento negli ultimi anni di materiali d’archivio riferiti al secondo progetto della piazza, ha permesso lo studio comparato delle diverse fasi, rendendo più chiaro il metodo compositivo che portò Behrens a formulare le due ipotesi.
Ma prima di procedere al confronto tra le due versioni, è necessario spiegare l’importanza del concorso nell’ambito del dibattito architettonico Berlinese di quegli anni. Berlino, capitale della neonata Repubblica di Weimar, vive dopo la guerra un momento di fermento e di rinascita, che culminerà negli anni Venti con una serie di concorsi di architettura finalizzati alla creazione di una nuova idea di città che prende a modello le metropoli americane per creare la nuova metropoli europea. I viaggi compiuti in America da tutti gli architetti attivi nel dibattito sulla città contemporanea, primo fra tutti Erich Mendelsohn, influenzeranno la visione della metropoli moderna (Mendelsohn 1928).
L’ispiratore del concorso di Alexanderplatz, come anche di quello per l’ampliamento del Reichstag e del concorso peri Ministergarten (vedi il saggio di Michele Caja in questo stesso numero di Engramma), è lo Stadtbaurat Martin Wagner, una sorta di assessore all’urbanistica della capitale, autocandidatosi a tale carica e poi nominato nel 1926 (Scarpa 1983). I concorsi che egli promuove in diversi punti strategici della città mirano a creare un campionario ideale per la costruzione della metropoli moderna e in questo contesto il concorso di Alexanderplatz affronta un tema cui egli si era già avvicinato in altre occasioni: la piazza della metropoli.
La Weltstadtplatz, deve rispondere a suo avviso a precise funzioni che egli identifica in una organizzazione razionale del traffico e nello sviluppo delle funzioni commerciali. La piazza, pur mantenendo il suo ruolo tradizionale di punto di accesso alla città antica, deve acquisire quelle caratteristiche che sono proprie del nuovo modo di vivere la città. I principi secondo i quali deve essere costruita la piazza di una metropoli moderna verranno messi nero su bianco in un articolo apparso nel febbraio del 1929 sulla rivista “Das Neue Berlin” fondata dallo stesso Wagner con Adolf Behne (Wagner 1929), ma egli non si limiterà a pubblicarli in forma di punti di un programma: già nel 1928 Wagner presenterà ai partecipanti un proprio progetto preliminare, che sarà base per lo sviluppo del concorso.
Elemento generatore del progetto è la grande rotatoria che Wagner traccia dandole un diametro di 100 metri. Lo Stadtbaurat suggerisce inoltre l’allargamento delle sezioni stradali delle strade che danno accesso alla piazza. L’architettura che affaccia su di essa ha invece un ruolo del tutto secondario, come appare chiaro osservando il plastico che accompagna la proposta. La piazza non deve avere alcun valore economico e architettonico durevole, poiché secondo Wagner la sua funzione urbana è destinata a esaurirsi nel giro di pochi anni, quando sarà riprogettata per adeguarsi alle nuove esigenze della vita moderna.Ciononostante anche in questo schematico preprogetto vi sono elementi che saranno ripresi, o più probabilmente imposti, nei dei due edifici realizzati da Behrens. Wagner afferma dunque il primato delle ragioni del traffico sulle ragioni dell’architettura, un atteggiamento che sarà fatto oggetto di un’aspra critica soprattutto da parte di Ludwig Hilberseimer (Hilberseimer 1929), il più agguerrito sostenitore del progetto volutamente antitetico presentato al concorso da Mies van der Rohe.
“Circulus lucidus”: il progetto di concorso
Peter Behrens nel progetto di concorso, che si aggiudicherà il secondo premio, riprende la disposizione planimetrica tracciata da Wagner nel progetto preliminare. Questa soluzione è caratterizzata da due edifici separati verso sud-ovest e da un unico grande edificio a ferro di cavallo che chiude la piazza sul lato nord est-superando con una struttura a ponte i due assi radiali provenienti della Landsberger e Neue Königstraße.
L’impostazione della pianta non è però da intendere come una semplice riproposizione del progetto wagneriano, ma è conseguenza di una precisa presa di posizione nei confronti del ruolo urbano della piazza. Come Wagner anche Behrens è convinto che sia utile rifarsi alla tradizione delle piazze barocche berlinesi, chiuse e unitarie e allo stesso tempo inserire in esse funzioni, temi e tipi architettonici propri della modernità. Egli quindi ribadisce, anche in questo progetto, la necessità di tenere insieme tradizione formale e progresso tipologico, forma e funzione.
All’inizio Behrens considera l’ipotesi di dare pari importanza alle due ‘torri’ affrontate all’imbocco di Rathausstrasse, che segnano il passaggio tra la piazza e la città antica, e contrappone l’edificio della futura Alexanderhaus con il profilo circolare alla rigida ortogonalità della nuova facciata dal lato opposto.
Già in una fase immediatamente successiva decide però di non realizzare due torri di uguale altezza, ma di dare una predominanza alla torre dell’edificio più vicino alla stazione ferroviaria. Prima di giungere alla soluzione definitiva attraverso due ulteriori schizzi prospettici egli modula i volumi variandone le dimensioni per trovare una soluzione più armonica e slanciata. Il gioco delle masse e il loro aspetto dalla piazza sono una caratteristica del modo di lavorare di Behrens, che applicherà tale metodo anche nella composizione del lato nord-est. Anche su questo lato alcuni schizzi di studio mostrano la separazione del grande edificio semicircolare in tre blocchi collegati da un ulteriore corpo circolare arretrato rispetto al filo delle facciate sulla piazza. La proposta definitiva è caratterizzata dalla coesistenza di elementi compositivi rielaborati da Behrens, ma già sperimentati in progetti precedenti e da alcuni temi del tutto nuovi.
Per quanto riguarda le facciata Behrens utilizza un linguaggio già sperimentato in progetti precedenti e che in quegli stessi anni utilizza in progetti come il concorso per il centro Sojuz a Mosca o il grande magazzino Adam sulla Friedrichstrasse, nella stessa Berlino. Il principio già utilizzato nell’edificio amministrativo della Mannesmann a Dusseldorf (vedi il contributo di Silvia Malcovati in questo stesso numero di Engramma) consiste nella giustapposizione di elementi verticali tra i quali avrebbero trovato posto i serramenti. Questa disposizione delle aperture consentiva un migliore sfruttamento dello spazio permettendone un uso flessibile.
Il ritmo delle modanature verticali che collaborano a slanciare i volumi viene interrotto bruscamente dagli elementi orizzontali che con lievi aggetti sottolineano la discontinuità degli edifici. Anche questo modo di trattare le superfici è cifra stilistica del progetto e verrà ripresa anche nei progetti americani degli allievi viennesi di Behrens, basti pensare al grattacielo americano progettato da un allievo della Meisterschule viennese di Behrens, William Muschenheim, a NY.
Ma l’elemento innovativo e più forte dal punto di vista iconico dell’intero progetto sono i grandi prismi di vetro che Behrens fin dal primo schizzo colloca su tutti i punti nodali degli edifici. Nella soluzione finale tutto collabora a dare un’impressione di slancio all’unica torre che viene portata ad’un’altezza di 53 metri e sulla quale si erge come un faro un corpo luminoso di 20 metri di altezza. Anche sul lato opposto Behrens affida il ruolo dominante al prisma luminoso che pone a coronamento dell’enorme edificio circolare che semplifica in un unico blocco continuo. il circulus lucidus che Behrens userà come motto del progetto, assume dunque a differenza delle semplici insegne luminose proposte dagli altri partecipanti al concorso, una propria autonomia formale e insieme alle vetrine illuminate a livello della strada rende l’insieme grandioso anche di notte.
Il carattere della piazza metropolitana riunisce dunque nella visione di Behrens due elementi che sono il simbolo stesso della modernità. Da un lato il grattacielo, il tipo architettonico per eccellenza della modernità, dall’altro il vetro che unito alla luce permette di vivere la città anche di notte.
La scelta di inserire nel proprio progetto un’unica maestosa torre risponde alle considerazioni teoriche sviluppate da Behrens da prima della guerra. Il fascino suscitato dall’esperienza dei grattacieli americani dalla loro forza evocativa soprattutto se inseriti in un paesaggio uniforme e monotono come quello di Berlino basta da solo a giustificare tale scelta. Per quanto riguarda invece le grandi ‘lampade’ esse sono un elemento nuovo nella poetica di Behrens. Questi elementi in vetro si differenziano dall’utilizzo fatto precedentemente da Behrens di questo materiale e assumono nel progetto una carica simbolica, legata ad un’uso del vetro che non può non richiamare alla mente le sperimentazioni portate avanti da Bruno Taut e dalla Glaeserne Kette al tempo della mostra del Werkbund di Colonia, cui pure Behrens nel 1914 aveva preso parte. Questi elementi di impatto figurativo espressionista incarnano alla perfezione le visioni immaginifiche descritte da Paul Scheerbart, che era stato ispiratore del movimento espressionista, nel suo Glasarchitektur.
Tutti i paesi e le città dovrebbero essere contrassegnati dalle loro torri.
È naturale che queste debbano risaltare anche di notte.
Perciò sotto il dominio dell’architettura di vetro, tutte le torri dovranno essere torri di luce.
Paul Scheerbart, Glasarchitektur, aforisma 36
La ‘torre di luce’ del progetto di concorso accentua ancor più il ruolo simbolico dell’edificio come faro della modernità in una città dominata da vecchi palazzi tutti di uguale altezza. Sono dunque due gli elementi fondamentali che Behrens utilizza per realizzare la sua Weltstadtplatz: torre e luce.
Il grattacielo, tipo architettonico per eccellenza della modernità, era stato approfondito da Behrens fin da prima della Grande guerra quando aveva espresso la propria opinione sulla necessità di realizzane anche a Berlino. Nel dibattito scaturito sulla “Berliner Morgenpost” (Behrens 1912) e dieci anni più tardi nel 1922 (Behrens 1922 leggi il testo dell’articolo in questo stesso numero di Engramma), dopo l’esperienza del progetto per una torre a Friedrichstraße, egli sostenne che Berlino essendo destinata a una incremento demografico non poteva mantenere un limite all’altezza degli edifici che avrebbe reso la città infinita, monotona e priva di profilo. Behrens invitava invece a garantire carattere e varietà all’aspetto dell’organismo urbano e a far sì che dalla monotonia dello sviluppo orizzontale sorgessero in modo deciso delle masse verticali. In tal senso va letta la scelta di inserire una torre nei due progetti per Alexanderplatz. Una “torre di luce” come quella progettata avrebbe svolto un ruolo fondamentale, dominando la piazza e rendendola riconoscibile anche da grande distanza.
Traffico, torre, luce. Il progetto definitivo
Il progetto definitivo fu elaborato da Behrens su incarico della banca americana Lawence Stern and Partner che si era offerta di finanziare la realizzazione visto che la città, fortemente indebitata, non avrebbe potuto far fronte alle spese di costruzione. L’incarico riguardava però solamente i due edifici che chiudevano la piazza verso sud est mentre per l’edificio a nord-ovest il mancato acquisto del lotto dove sorgeva il Grand Hotel Alexanderplatz, che si trovava sulla traiettoria della nuova rotonda stradale, impediva il completamento della piazza.
Secondo la testimonianza di Karl Mittel che fu collaboratore di Behrens nella realizzazione delle due Hochhäuser, il lavoro con i committenti americani fu particolarmente difficoltoso e costrinse l’architetto a modificare il progetto rinunciando ad alcuni elementi fondamentali nelle proprie scelte compositive. Behrens si trovò dunque nella difficoltà di dover rispondere nella realizzazione definitiva sia ai committenti stranieri sia alle pressioni di Martin Wagner che probabilmente impose alcune soluzioni.
Diverse prospettive permettono di ricostruire anche in questo caso l’evoluzione delle modifiche apportate il primo progetto. Dapprima al posto dell’unica torre del progetto di concorso furono riproposte le due torri affrontate alte dodici piani, quindi vennero diradati gli elementi verticali della facciata che furono intervallati da una doppia finestra, e furono del tutto eliminati i corpi luminosi. Nelle prospettive sucessive tali elementi furono reinseriti e venne collocato uno sbalzo al primo piano, come nel progetto Wagner, con la funzione di separazione tra parte commerciale e parte destinata agli uffici.
Il progetto definitivo vede un’ulteriore semplificazione che può oggi essere compresa mettendola in relazione con il progetto per un Theater des Volkes ipotizzato da Behrens sul lato nord-orientale della piazza. Il progetto fu realizzato contestualmente ai lavori di costruzione della Berolinahaus, ma è rimasto inedito fino al casuale ritrovamento nel 2005 dei documenti personali di Hermann Zangemeister, un funzionario della società dei trasporti berlinesi, cui la città aveva ceduto la proprietà del lotto triangolare tra Landsberger e neue Konigsstrasse, e sotto il quale era stato realizzata la nuova linea metropolitana diretta verso est.
Si tratta di un grandioso edificio costruito simmetricamente lungo la bisettrice del lotto, innovativo già nel programma funzionale. In esso infatti si uniscono: il piano terra con funzione commerciale con diversi negozi le cui vetrine arrotondate si aprono sulle due strade che portano alla piazza; un grande teatro per quasi 3000 spettatori, caratterizzato da grandi foyer e da un’unica sala circolare; Spazi destinati ad uffici che si collocano nelle ali laterali.
Ma l’elemento che caratterizza di più l’edificio è la grande torre che si innalza sulla testata del complesso esattamente in asse con la Rathausstraße e prospetta sulla piazza. La sua altezza di 12 piani, corrisponde all’altezza della torre innalzata da Behrens nel progetto di concorso. Il volume della torre risulta separato dal resto dell’edificio e ad esso quasi come due corpi aggiunti si agganciano i fronti laterali che ripetono uguali la struttura di facciata della Berolinahaus e dell’Alexanderhaus. la verticalità della torre riprende qui il tema degli elementi verticali che sul modello dei grattacieli americani sottolineano e slanciano il volume verso l’alto dando all’intero edificio un forte dinamismo. l’infine un ulteriore elemento modernista risulta il coronamento a sbalzo che riprende la copertura a piano terra. L’edificio mai realizzato permette di comprendere il motivo per cui Behrens rinuncia a collocare una torre sul lato sud-ovest della piazza segnando semplicemente il passaggio tra piazza e città antica con due corpi luminosi di altezza minore. La torre posta in asse con la strada di accesso alla città svolge il ruolo auspicato da Behrens per un edificio di tali dimensioni ovverosia quello di meta che conferisce importanza a un’asse stradale.
L’elemento unificatore del progetto definitivo risulta dominante della facciata in pietra si pone a sua volta in contrasto con la leggerezza delle pareti vetrate pei primi due livelli e riprende la teoria tettonica esposta più volte da Behrens.
Per creare l’impressione di superfici-parete che delimitino uno spazio si possono collocare per principio ferro e vetro assieme, sullo stesso piano, e per far apparire ancora più compatte queste superfici piane si possono far risaltare con forti effetti d’ombra quegli elementi che hanno un significato costruttivo […] La compattezza di una forma non si trova necessariamente sempre nelle superfici lineari e ininterrotte delle pareti. Essa si fonda in ultima analisi sull’unitarietà che può essere raggiunta anche tramite il principio ritmico della sequenza regolare. (Peter Behrens)
Riferimenti bibliografici
Fonti
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English abstract
Circulus lucidus was the motto used by Peter Behrens in the tender for Alexanderplatz in 1929. The project for the square, developed by Peter Behrens at the end of his career, is one of the most important urban-scale projects of all his production and is the only one which was at least partly realized. The proposal submitted for the tender develops and synthesizes most of the theoretical issues set up by the architect since the years of the Werkbund, which he assumed for the theoretical reflection on the shape of the modern city. The research on tectonics and the influence of the study of American skyscrapers is evident in the proposal and in the projects built on the square. The items proposed by Behrens in the tender design, which the architect developed from the preliminary draft of Martin Wagner, also emerge even stronger from the comparison between preliminary and constructed project. This comparison is made possible by some fortuitous circumstances, including the rescue – thanks to Karl Mittel (collaborator of Behrens and responsible contributor to the site of two Hochhäuser built) – of part of the preparatory drawings produced during the elaboration of the designs, which are now kept by the Pfalzgalerie of Kaiserslautern. These drawings are joined by the tender project – kept at the Bauhaus Archive in Berlin – some original drawings of the constructed buildings and the recent discovery of some unpublished documents. This unusual wealth of material allows a comparative study of the two projects and makes it possible to reconstruct, at least in part, the composition process followed by Behrens in creating his work. Another important issue in developing the final draft is the relationship with the clients as it appears in the documents in the Berlin archives: the American bank which financed the construction of the two constructed buildings played a central role in the achievement of the work and perhaps also in the determination of some design choices.
keywords | Behrens; Alexanderplatz; Design process.
Per citare questo articolo /T o cite this article: G. Calandra di Roccolino, I progetti di Peter Behrens per Alexanderplatz, 1928-1932, “La Rivista di Engramma” n. 81, giugno 2010, pp. 89-101 | PDF