Warburgian Studies
Editoriale di Engramma n. 165
Monica Centanni, Anna Fressola, Maurizio Ghelardi
L’Istituto Warburg [...] è il simbolo di un certo tipo di curiosità,
di un certo tipo di energia,
o del desiderio di muoversi non nel modo più diretto ed economico.
È tutta questa serie di principi impalpabili
che sono sempre pronto a difendere;
sono questi che sono misteriosamente assimilati
da chiunque abbia utilizzato quella biblioteca.
Michael Baxandall
Engramma dedica questo numero ai Warburgian Studies: una riflessione e, soprattutto, una ricognizione su ricezione e studi di e su Aby Warburg nel panorama internazionale. L’intento è disegnare una mappa reticolare di relazioni tra ricercatori e istituzioni impegnati nello studio dell’opera e della proposta metodologica dello studioso amburghese e della sua scuola. Una prospettiva che sfida sterili tentativi di settorializzazione disciplinare, ma che richiede tanto uno sguardo capace di slancio quanto la capacità di saper tornare, con un movimento ritmico oscillatorio e con una certa curiosità, a fonti, testi e intenzioni progettuali.
In questo quadro, Engramma n. 165 si articola in tre sezioni. Una prima sezione propone edizioni e traduzioni di scritti di Aby Warburg. La seconda sezione, contributi sullo stato dell’arte degli studi warburghiani in alcuni paesi europei e in Russia, Canada e America Latina. In particolare, le selezioni bibliografiche delineate nei singoli saggi raccolgono edizioni e traduzioni di scritti di Warburg, e studi sulla sua opera e metodo che trovano forma in edizioni, traduzioni e monografie, ma anche in progetti espositivi, teatrali e cinematografici. La terza sezione raccoglie la presentazione di due volumi di studi iconologici pubblicati in Belgio e in Russia nel 2018, e un saggio che invita a una visione globale sugli studi warburghiani nella contemporaneità, che attraversa le Americhe per giungere all’Asia.
La prima sezione è aperta dalla edizione tedesca, con traduzione italiana a cura di Maurizio Ghelardi, del saggio di Aby Warburg sul Déjeuner sur l’herbe di Manet. Abbozzato dallo studioso nel 1929, durante il suo ultimo soggiorno a Roma, il saggio su Manet è strettamente connesso alla Tavola 55 del Mnemosyne Atlas dedicata al Giudizio di Paride e al tema all’ascesa e ricaduta degli dèi, di cui costituisce l’approfondimento teorico: pubblichiamo l’edizione della versione manoscritta da Gertrud Bing. Dello stesso saggio esiste anche un dattiloscritto pubblicato nel Geburtatlas, il volume preparato per festeggiare il settantesimo compleanno di Max M. Warburg il 5 giugno 1937 (cfr. WIA 109.5.2; cfr. anche Engramma n. 151 dove è pubblicata la prima edizione digitale del Geburtstagsatlas für Max M. Warburg di E. Gombrich), solo parzialmente sovrapponibile alla prima versione manoscritta, già pubblicato in Kosmopolis der Wissenschaft. E.R. Curtius und das Warburg lnstitute. Briefe und andere Dokumente, a cura di D. Wuttke, Baden Baden 1989, 262-272, e in italiano sul numero 199-200 di “aut aut” (1984), 40-45.
Segue l’edizione in lingua originale con traduzione italiana di Maurizio Ghelardi, e con commento di Monica Centanni, di alcuni importanti Frammenti di Warburg [WIA 102.1.2], databili al 1929 e precisamente agli ultimi mesi di vita dello studioso, fino a poche ore prima della sua morte. Gli appunti intersecano lo studio su Manet e l’elaborazione del Mnemosyne Atlas secondo alcuni fili tematici: i sarcofagi come catalizzatori dell’energia antica; la Sphaera barbarica e il catasterismo dei demoni pagani; la liberazione delle divinità ctonie e la loro emancipazione olimpica; l’ancella, la Vittoria, Ecate come immagini della Ninfa; i dinamogrammi; i concetti di Denkraum / Zwischenraum; Manet come guida attraverso i sentieri di Mnemosyne; appunti e schemi per la composizione del Bilderatlas. I Frammenti sono messi a confronto con gli spunti warburghiani ricavabili dall’Einleitung all’Atlante, con gli appunti preparatori per la conferenza in cui Warburg presentò il progetto Bilderatlas Mnemosyne il 19 gennaio 1929 alla Hertziana di Roma e il Diario Romano steso a quattro mani con Gertrud Bing durante l’ultimo soggiorno romano dei due, tra il 1928 e il 1929. Da questo tracciato appare, ancora una volta, come la ricerca dello studioso amburghese e del suo circolo sia un magmatico laboratorio vivente e come, d’altra parte, costituisca un insieme che è possibile leggere e studiare solo praticando una visione circolare di tutti i materiali disponibili.
Nella seconda sezione il contributo di Victoria Cirlot presenta una selezione di importanti pubblicazioni degli ultimi anni, dal 2015 al 2019, traduzioni in lingua spagnola di opere di Aby Warburg e testi sulla sua opera originariamente editi in altre lingue o direttamente in spagnolo. La Bibliografia selezionata di Marilena Calcara è riferita agli anni 2018 e 2019 in Germania, e raccoglie volumi pubblicati di e su opere warburghiane, insieme a ricerche sui principali concetti metodologici che trovano applicazione moderna anche a nuovi contesti come quello dei new media o della didattica. Il saggio di Stephanie Heremans ripercorre i principali contribuiti bibliografici e iniziative di ricerca tra il 2016 e il 2019 in Belgio, territorio che condivide confini non solo geografici con Paesi Bassi, Francia e Germania, diventando un importante punto di intersezione tra studi di antropologia visuale, Bildwissenschaften e visual studies. Heremans osserva che, se fino alla fine del secolo scorso il metodo warburghiano aveva suscitato poco l’interesse degli studiosi belgi, negli ultimi dieci anni Warburg è stato al centro di diverse iniziative editoriali da parte di centri di ricerca e università che si relazionano alla storica dell’arte Barbara Baert, che promuove una storia dell’arte di orientamento interdisciplinare, e alla ricerca sulla teoria dell’immagine della filosofa Maud Hagelstein. È da ricordare anche l’interesse che Aby Warburg, in particolare il suo viaggio in New Mexico e la riflessione su Il rituale del serpente, ha suscitato nel filmmaker Manu Riche che insieme a Patrick Marnham dà immagine a questa vicenda collegandola alla creazione della bomba atomica, nel film, a cavallo tra fiction e documentario, Snake Dance (2012). Laura Leuzzi illustra le diverse pubblicazioni apparse dal 2014 ad oggi nel Regno Unito che analizzano e contestualizzano la teoria warburghiana attraverso differenti prospettive disciplinari. Centrale per la diffusione e la ricerca intorno allo studioso, è ovviamente il Warburg Institute di Londra. Interessanti contributi sono apparsi anche nella rivista scientifica “Journal of Art Historiography” supportata dal Department of the History of Art della University of Birmingham; mentre una riflessione sul metodo del Mnemosyne Atlas in relazione con differenti media, che esplora le connessioni tra iconografia e hypervisuality, è stata veicolata dalla mostra Neo Gods & Hyper Myths dell’artista e ricercatrice spagnola Ira Lombardía, al SCAN (Spanish Contemporary Art Network Foundation) di Londra dall’8 febbraio al 18 maggio 2019.
In Russia la ricezione delle ricerche di Warburg è feconda a partire dai primi anni del nuovo millennio: Warburg era apparso precedentemente solo in alcuni, rari, contributi che guardavano negativamente al suo metodo o veicolandolo attraverso lo sguardo di Ernst Gombrich e della sua Biografia Intellettuale. Il contributo di Ekaterina Mikhailova-Smolniakova ripercorre gli studi warburghiani in ambiente russo, costruendo una bibliografia selezionata di traduzioni e testi dal 1964, anno in cui per la prima volta apparve nella stampa accademica il nome di Warburg, ad oggi: l’interesse vivo contemporaneo per il metodo interdisciplinare e iconologico warburghiano che si manifesta nella crescita di edizioni e traduzioni di scritti e pubblicazioni si deve, in particolare, alle ricerche di Stepan Vanejan, Vjačeslav Šestakov, L. Ju. Limanskaja, Marina Toropygina, Natalia Mazour. In Canada invece la presenza e diffusione degli studi warburghiani ruota attorno al filosofo tedesco Raymond Klibansky (1905–2005), che nel 1926 fu introdotto da Ernst Cassirer nel Warburg-Kreis, e che successivamente, nel 1948, si trasferirà a Montréal, dove insegnerà Logica e Metafisica al Department of Philosophy della McGill University. Il contributo di Daniela Sacco, Études sur Raymond Klibansky en Canada, descrive e raccoglie le molteplici pubblicazioni, giornate di ricerca internazionali, eventi, dedicati a Klibansky e alla sua relazione con l’eredità warburghiana, promossi da università insieme a importanti istituzioni della città di Montréal. In Aby Warburg negli studi latino-americani, Cássio Fernandes illustra la ricezione in America Latina dell’opera di Warburg avvenuta a partire dalla seconda metà degli anni ’50 e le ragioni che hanno visto crescere considerevolmente, negli ultimi dieci anni, interessi e pubblicazioni. Attraverso questo excursus lo studioso della brasiliana Universidade Estadual de Campinas, importante centro di diffusione e ricerca degli studi warburghiani, ricostruisce un’accurata bibliografia di edizioni, traduzioni e saggi di e su Aby Warburg pubblicati in brasiliano e spagnolo.
Nella terza sezione di Engramma n. 165 la studiosa belga Barbara Baert presenta il volume da lei curato, insieme a Stephanie Heremans, Fragments (Leuven-Paris-Bristol Ct 2018), che raccoglie, con un’impronta tutta personale e sperimentale, più di cento voci – da Acheiropoieton a Zwischenraum – illustrate da artefatti iconici, a costruire un ‘glossario’ attraverso cui si compie un’esplorazione su intuizioni, spunti e osservazioni di ricerca pertinenti storia dell’arte, iconologia e antropologia culturale. La serie editoriale “Studies in Iconology” in cui Fragments è pubblicato – serie di cui Baert è fondatrice e direttrice – comprende ad oggi quindici volumi caratterizzati da un approccio metodologico interdisciplinare volto ad approfondire la comprensione del mezzo visivo attraverso uno sguardo trasversale che interseca storia dell’arte, antropologia culturale, filosofia e teologia.
Il mondo delle immagini. Immagini del mondo è un’antologia di studi sulla cultura visiva, curata da Natalia Mazour della European University di San Pietroburgo (2018). Il volume offre una sinossi di due tradizioni intellettuali: la nuova disciplina degli studi visivi o della cultura visiva e la “storia culturale delle immagini” (kulturwissenschaftlische Bildgeschichte) inaugurata da Aby Warburg e dai suoi colleghi della cosiddetta scuola di Amburgo. L’autrice propone un’analisi dei loro quadri metodologici e suggerisce che la tradizione sviluppatasi alla periferia dei filoni mainstream della storia dell’arte durante il secolo scorso contiene soluzioni a tutta una serie di problemi metodologici posti dai pionieri della disciplina più giovane.
A partire dalle elaborazioni sulla “nuova ninfa” di Ieshia Evans e dalla protesta di #blacklivesmatter, fino alla sfida all’egemonia del moodboard nell’educazione artistica e di design, il saggio di Emily Verla Bovino propone uno dei tanti possibili percorsi per rintracciare la fortuna degli studi di Warburg negli Stati Uniti. Il contesto statunitense è visto come uno snodo all’interno di una più ampia rete globale di studi di Warburg dalle Americhe all’Asia sudorientale; un nodo che svolge il ruolo di ricevitore e di trasmettitore di spunti e di inneschi di nuovi percorsi di ricerca e di espressione artistica. L’attenzione si concentra in particolare sui progetti femministi, sulla ricerca artistica e in generale sui lavori che mirano a decentrare i Warburgian studies dalla figura di Warburg e da quei concetti spesso citati in modo ripetitivo.
Nel numero presentiamo anche la Bibliography. Works by Aby Warburg and Secondary Literature (aggiornata a Maggio 2019) a cura di Anna Fressola, che aggiorna le fonti e i contributi critici di e su Aby Warburg, fino alle più recenti pubblicazioni. Manca, in questa panoramica, un focus sugli studi dedicati ad Aby Warburg e al suo metodo in Francia e in Italia, a cui sarà destinato un successivo e specifico numero di Engramma.1
keywords | Aby Warburg, warburgian studies, bibliography
Per citare questo articolo / To cite this article: M. Centanni, A. Fressola, M. Ghelardi, Warburgian Studies. Editoriale di Engramma n. 165, “La Rivista di Engramma” n. 165, maggio 2019, pp. 7-12 | PDF of the article