Appunti sulla stele di S. Apollonia: l'ipotesi Tuditano
Lorenzo Braccesi
L’iconografia presente sulla stele di S. Apollonia, costituita da una panoplia con stella argeade su uno scudo rotondo, ci riporta all’età ellenistica, e trova significativi raffronti nell’ambiente della Macedonia antigonide.
Confutando tuttavia le fantasiose se pur suggestive tesi finora avanzate, l'analisi petrografica ha dimostrato che la stele è di pietra di Aurisina, materiale solitamente non utilizzato in età anteriore al II-I secolo a.C., e in un arco territoriale che non supera l’area medio-adriatica. Si è così potuto finalmente stabilire un saldo punto di partenza su cui fondare le ipotesi circa la cronologia, la committenza e l’inserimento della lastra nel suo contesto monumentale originario.
Imitatio Alexandri in area adriatica: Gaio Sempronio Tuditano
Le questioni si spostano su un nuovo fronte, che interessa la fortuna di questa iconografia in epoca romana tardo-repubblicana in ambito venetico, e il suo inserimento come apparato decorativo in un contesto celebrativo monumentale. Nell’arco cronologico individuato tre sono i personaggi le cui gesta sono accostate alle imprese del Grande Macedone: Scipione l’Africano, Pompeo e Cesare. Il tema dell’imitatio Alexandri fra II e I secolo a.C. è infatti molto utilizzato in chiave encomiastica da storiografi e poeti, e in modo autocelebrativo dai condottieri stessi (una rassegna iconografica sull'imitatio Alexandri è pubblicata in "Engramma"). In un processo di appropriazione dell’auctoritas questo stesso principio sarà recepito in epoca posteriore dagli aemulatores dei duci romani, innescando una tradizione iconografica plasmata su quella dell’ormai leggendario modello.
Una committenza, geograficamente e cronologicamente pertinente, che avrebbe potuto appropriarsi dell’iconografia della stella argeade come imitatio Alexandri per inserirla in un monumento, è individuabile in Gaio Sempronio Tuditano. Annalista, console e vincitore degli Istri nelll’anno 129 a.C., lega il suo nome a una aedes, a un monumento votivo, nell’area sacra del Timavo presso Duino, nel comprensorio di Aquileia. Di questo sopravvive una molto mutila decorazione coroplastica letta come rappresentazione di un’amazonomachia, tema mitico molto sfruttato proprio in chiave alessandrina. È inoltre ancora presente una dedica frammentaria dettata in versi saturni dallo stesso Tuditano (ILLRP 335) e ricordata anche da Plinio (Nat. Hist. III, 129), che esplicita l’intento dedicatorio dell’opera (fosse essa un tempio, o statua, o monumento), consacrata alla divinità del Timavo per ricordare ai posteri il luogo delle sue vittoriose imprese militari: [FAVSTEIS] SIGNEIS CONSI[LIEIS PRAECIPV]OS TVDITANVS / [ITA ROMA]E EGIT TRVMPV[M, AEDEMQVE] DEDIT TIMAVO / [SACRA PAT]RIA EI RESTITV[IT, ATQVE MAGIST]REIS TRADIT.
Nella aedes si assommano così due elementi di corredo: una presunta scena di amazonomachia, da sempre legata alla propaganda di Alessandro, nonché l’enfatizzazione epigrafica di gesta compiute da un console di Roma che nell’Urbe celebra un trionfo. Una cornice più che appropriata per riportare al medesimo complesso monumentale anche la stele con lo scudo impreziosito dalla stella argeade.
Tuditano inoltre era un intellettuale imbevuto di cultura ellenistica, conosceva di certo i principi dell’imitatio Alexandri, che avrebbe potuto anche attingere come tema di propaganda dalle pagine di Ostio, poeta epico che ne immortala le imprese militari negli esametri, perduti, di un suo Bellum Istricum.
Tuditano aveva inoltre percorso la Grecia nel 146 a.C. al seguito dell’armata di Lucio Mummio. Non è da escludere che in quella occasione abbia effettivamente potuto ammirare scudi di pietra con incise o dipinte stelle argeadi, traendone, dopo decenni, motivo di ispirazione per impreziosire l’iconografia del proprio monumento.
Bibliografia di riferimento
- Gino Bandelli, Contributo all’interpretazione del cosiddetto ‘elogium’ di C. Sempronio Tuditano, in “Antichità altoadriatiche”, 35, 1989, pp. 111 sgg.
- Lorenzo Braccesi, La leggenda di Antenore, Venezia 1972
- Maria J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche della Venetia romana, Roma 1987