Flower Power
Editoriale di Engramma n. 115
Stefania Rimini e Antonella Sbrilli
English abstract
Oh miei garofani, rose, violette -
dolce giardino dei piaceri svaniti,
ti prego torna l’anno venturo.
Derek Jarman, The Garden
“Se tutta la storia della terra fosse compressa in una sola ora, le piante a fiore esisterebbero da 90 secondi” si legge in un articolo di Michael Klesius, The Big Bloom. How Flowering Plants Changed the World, che ripercorre la storia dello sviluppo, sulla terra, delle piante da fiore. Pochi secondi che corrispondono a un centinaio di milioni di anni, quando accanto alle conifere (che producono i semi in coni aperti) apparvero le angiosperme (dalle due parole greche che indicano l’involucro e il seme), che i semi custodiscono all’interno dei frutti. Da quel momento, un processo di diversificazione e di co-evoluzione fra le specie ha prodotto varietà innumerevoli, che dal mondo botanico e agricolo si sono diffuse in ambito artistico e letterario, diventando figure, segni, indici di linguaggi simbolici e decorativi.
Creature sinestetiche per eccellenza, i fiori stimolano la vista, l’olfatto, il senso estetico, l’emozione. L’immagine del fiore è pervasiva e potente. Non a caso il titolo di questo numero – che inaugura un nuovo tema di ricerca di Engramma – è Flower Power, quasi uno slogan (e uno slogan fu, di fatto, negli anni Sessanta della contestazione studentesca e del contropotere: l’immaginario floreale nella rivoluzione estetica e culturale del ’68 è uno dei temi della tavola e del saggio Mnemosyne 1968 – Mnemosyne 2008 in Engramma n. 68): un invito a riconsiderare la tenacia e l’ordine della natura.
Già Pasolini nel Glicine evocava la “religiosa caducità” del rampicante, il suo “profumo oscuro”, la “furia della natura, dolcissima”, e avrebbe continuato a comporre un ricco bouquet di opere ‘in forma di rosa’ (o di primule, narcisi...) fino allo straniante apologo La sequenza del fiore di carta, in cui un enorme papavero, talismano dell’innocente Ninetto, resiste alla nemesi divina perché emblema ormai di una naturalezza artificiale, spoglia di consapevolezza (sulla sequenza del fiore di carta, si veda, in Engramma n. 84, il saggio di Marianna Gelussi, Immagini come lucciole, secondo Didi-Huberman). In scia con Pasolini, l’artista Derek Jarman nel suo diario intitolato Modern Nature distilla ricordi in forma di fiori, elenca piante, germogli, aneddoti, e sottolinea come “non poteva esserci miglior introduzione alla poesia” del libro Beautiful Flowers and How to Grow Them regalatogli dal padre a soli quattro anni. Ogni appunto ricama pensieri fioriti, genera bellezza, allarga i confini della malattia (Jarman scrive mentre l’Aids consuma il suo corpo) e così “il limite del giardino è l’orizzonte”. Papaveri, ginestre, rose e rosmarino sono epifanie di luce, compagni di schianti e rinascite, ombre profumate di un tempo che sta per scadere; nonostante il dolore, la fatica del giardinaggio è l’unico rimedio, il solo conforto alla solitudine dei giorni. Descrivere il potere dei fiori significa allora tornare a fare i conti con l’“inesprimibile nulla” della nascita e della morte, ritrovare semi di bellezza, immergersi nel ciclo delle stagioni e, anche, riconoscere la loro presenza ininterrotta nella storia della cultura visiva, letteraria, sociale.
Il numero 115 di Engramma si apre con una galleria dedicata alla violetta e alla sua fortuna nell’arte fra Ottocento e Novecento: fiore romantico e liberty, la violetta si insinua nelle sperimentazioni dadaiste e surrealiste, oscillando fra simbologie antiche e allusioni concettuali, come mostra la selezione di opere proposta da Giulia Perin, La distanza dalle viole. La persistenza della violetta nell’immaginario contemporaneo offre l’occasione di un corsivo – Silvia Veroli, Violette per fanciulle in boccio – che prende spunto dall’universo Disney, sempre attento a rinverdire miti e figure del passato attraverso la loro risimbolizzazione dentro il cerchio pop dei teenagers, e dalla figura di Violetta, messa in relazione all’omonima protagonista dei racconti degli anni Sessanta, della scrittrice Giana Anguissola.
Il linguaggio dei fiori riesce a sconfinare dall’ambito propriamente artistico, innestandosi in pratiche e forme di espressione ideologica: il garofano, con le sue implicazioni politiche come simbolo del Partito socialista italiano, è l’oggetto del saggio di Manuel Barrese, Tra il garofano e Il Quarto Stato. L'identità visiva del Partito Socialista Italiano nell'era craxiana, che segue le motivazioni della scelta di questo fiore nel periodo della leadership di Bettino Craxi.
Per spiegare la metamorfosi provocata dall’arrivo dei fiori sul pianeta, i paleontologi prendono a prestito immagini che provengono dalla storia dei giardini: il giardino giapponese “verde, solenne, tranquillo” descrive la terra prima dell’arrivo delle angiosperme, e il giardino all’inglese, ricco di colori e varietà, gremito di insetti che trasportano il polline, descrive la terra dopo il loro arrivo. Proprio all’arte del giardinaggio è dedicato l’articolo di Clark Lawrence, The Art of Gardening che affronta il tema armonizzando la teoria e la pratica, discutendo il pensiero storico su parchi e giardini e presentando esempi flagranti e in fieri di giardini attuali, con una domanda sottesa: qual è il loro valore economico e culturale?
La potenza dei fiori si manifesta anche nella voluttà dell’appassire, nella grazia maliziosa dei petali che cadono, per tornare alla terra. Il contributo di Marco Sciotto, Il poema dell’informe dedica una densa riflessione al poema ’l mal dei fiori di Carmelo Bene – una sorta di inno all’estinzione, all’inorganico, in cui a rimanere impressa sulla carta è una pulsazione di significanti in balia di se stessi, immagine e voce di una forma perduta.
Non poteva mancare una menzione speciale alla rosa, archetipo di bellezza e candore, ma anche di regalità, lussuria e morte. Alessandra Pedersoli, A Rose Path propone una singolare galleria floreale che prende spunto dalla suggestiva mostra Alma-Tadema e i pittori inglesi dell’Ottocento. Collezione Pérez Simòn (visitabile fino al 5 giugno 2014 a Roma presso il Chiostro del Bramante); a legare insieme stili e opere è proprio la forza della natura, il patto di rinascita che i fiori sanciscono sulla tela.
Dulcis in fundo, l’ultimo contributo di questo numero è un bocciolo prezioso, un piccolo miracolo di tecnologia e bellezza: l’edizione elettronica della sezione dedicata ai doni (soprattutto ma non solo floreali) del Dialogo dei colori di Lodovico Dolce, che restituisce al lettore il profumo di un trattato colto, poetico, appassionato, in cui parole e forme si inseguono dentro un tessitura preziosa, che affascina e sorprende. L’indice che dà il titolo all’edizione di questa antologia – Diciamolo con i fiori (e con altri doni), a cura di Lisa Gasparotto – è un labirinto fiorito di segni, un giardino ludico di giochi di parole, di trappole odorose e di significati cifrati, che promette al lettore di trovare il dono che abbia il significato simbolico giusto per ogni occasione.
in copertina di Engramma n. 115: Marco Sbrilli, Ferri in fiore, 1990, collezione privata
English abstract
Engramma issue no. 115 “Flower Power” includes contributions by Stefania Rimini, Antonella Sbrilli, Giulia Perin, Silvia Veroli, Manuel Barrese, Clarck Lawrence, Marco Sciotto, Alessandra Pedersoli, Lisa Gasparotto.
keywords | Flower Power; The art of Gardening; Carmelo Bene; Dysney; Giana Anguissola; Pérez Simòn; Lodovico Dolce .
Per citare questo articolo / To cite this article: S. Rimini, A. Sbrilli (a cura di), Flower Power, “La Rivista di Engramma” n. 115, aprile 2014, pp. 5-7 | PDF