Sconfinamenti warburghiani
Editoriale di Engramma 139
Giulia Bordignon, Olivia Sara Carli
"Occorre leggere con attenzione i documenti dell'archivio dell'anima. Ogni storico europeo può considerare come un bene ereditario, lasciato in testamento apposta per lui, la definizione che Cesare Guasti ha dato della propria professione: 'Viva parola di uomini che da quattro e più secoli dormono nei sepolcri, ma che può destare e utilmente interrogare l'affetto'".
Con queste parole, nel gennaio del 1929, Aby Warburg chiudeva la conferenza L'antichità romana nella bottega del Ghirlandaio alla Biblioteca Hertziana di Roma, nell'occasione in cui presentava per la prima volta pubblicamente in Italia il progetto, ancora in nuce, dell'Atlante di immagini – il Bilderatlas Mnemosyne.
Nell’ottobre di quello stesso anno Warburg muore, lasciando incompiuto il proprio opus, ma lasciando anche in eredità una straordinaria lezione di metodo, che nelle sue parole per la conferenza all’Hertziana assumono il tono dell'omaggio allo storico e filologo toscano Cesare Guasti. Un “bene ereditario”, quello del metodo-Warburg, che è anche un munus, un compito per gli studiosi della cultura occidentale: interrogare il passato con attenzione, finanche con “affetto”, perché da esso riemergano non solo i documenti della storia, ma anche i documenti “dell’archivio dell’anima”.
I contributi pubblicati in questo numero di “Engramma” si lasciano raggruppare su un duplice percorso, che trova nel metodo warburghiano un comune denominatore: la prima sezione riguarda una classe di manufatti storico-artistici precisi – i sarcofagi – verso la quale come noto Warburg rivolge un interesse particolare nei suoi saggi e nell’Atlante, sia sul fronte archeologico, sia sul fronte dei modelli antichi che riemergono nel Rinascimento.
Il contributo di Elisa Bernard La gestualità del dolore rituale tra parole e immagini prende in esame l’iconografia della conclamatio rituale così come viene rappresentata nei sarcofagi romani, riconoscendo – anche sulla scorta delle Pathosformeln già individuate da Warburg nella tavola 5 dell’Atlante – la persistenza di una espressività gestuale che si manifesta per gradazioni differenti, e che si può proficuamente mettere a confronto con le fonti letterarie.
L’articolo di Salvatore Arturo Alberti Il sarcofago di Andrea Guardi in memoriam del viceré Niccolò Speciale (1445) mette in luce come l’interrogazione accurata anche di una singola, frammentaria, opera d’arte, sia in grado di evocare in un sol colpo la vita, il contesto culturale, gli scambi artistici di quell’“epoca di transizione” indagata da Warburg – la rivoluzione del primo Rinascimento – nella quale l’innesto dell’antico è avvertito come l'elemento d’avanguardia.
La seconda sezione di "Engramma" 139 propone tre presentazioni e recensioni relative a pubblicazioni ed eventi che dimostrano quanto il metodo di Warburg, a 150 anni dalla nascita dello studioso, si stia diffondendo nel panorama degli studi internazionali, superando finalmente la lettura gombrichiana che, pur fautrice della prima fortuna della figura e della lezione di Warburg (con l'Intellectual Biography del 1970), insisteva in particolare sugli aspetti idiosincratici dei procedimenti ermeneutici dello studioso.
Quello di “un austero ideale di scienza” è invece, nelle parole di Gertrud Bing, l’effetto che il primo nucleo di Mnemosyne esposto all’Hertziana aveva suscitato negli spettatori: il potere delle immagini che ancora sprigiona dall’Atlante – di recente riprodotto ed esposto in Germania, come racconta il curatore Roberto Ohrt nell’intervista a cura di Bianca Fasiolo Aby Warburg. Mnemosyne Bilderatlas. Exposition at ZKM Karlsruhe 2016 – dimostra non certo una patologica ‘fuga delle idee’ prodotta da una mente fragile, bensì al contrario una straordinaria capacità di tenere e tessere insieme i molteplici fili della storia con la propria personale esperienza, come illustra, per citare l’esempio forse più evidente, la tavola 78 del Bilderatlas, dedicata alla firma dei Patti Lateranensi nel febbraio 1929.
Warburg stesso aveva partecipato alla celebrazione dell'evento in occasione della festa del Corpus Domini nel giugno 1929,e l’aveva registrato nell'Atlante con la propria sensibilissima percezione di “psicostorico della cultura”, come testimonia il suo Diario romano, stilato ‘a due voci’ con la stessa Bing. Recentissima è l’edizione dell’opera in traduzione spagnola, Aby Warburg y Gertrud Bing, Diario romano, Ediciòn de Maurizio Ghelardi, qui introdotta da Victoria Cirlot: un'occasione per auspicare la ristampa o la riedizione anche della prima edizione italiana di questo prezioso strumento di ricerca, uscita per i tipi di Aragno nel 2005.
La “Wanderstrasse” della rinnovata fortuna della lezione warburghiana giunge oggi fino in Russia, come testimonia il lavoro di Maria Toropygina, Iconology. The Beginning. The Problem of Symbol in Aby Warburg’s Work and His Circle che l'autrice presenta in questo numero di Engramma: una testimonianza di come l’approccio alla Kulturwissenschaft inaugurato da Warburg, ben al di là della sua continuazione nella cerchia dei primi allievi raccolti intorno alla mesmerica figura del maestro, si configuri come l’atto fondativo di un metodo tanto arduo quanto generoso, per qualunque studioso che voglia appropriarsi di questo “bene ereditario" e avverta che è "lasciato in testamento apposta per lui”.
English abstract
Engramma issue no. 139 “Sconfinamenti warburghiani” includes contributions by Giulia Bordignon, Olivia Sara Carli, Elisa Bernard, Salvatore Arturo Alberti, Marina Toropygina, Victoria Cirlot, Bianca Fasiolo, Roberto Ohrt.
keywords | Warburg; Bing; Wind; Schramm; Melancholy; Mnemosyne Atlas.
Per citare questo articolo / To cite this article: G. Bordignon, O.S. Carli, Sconfinamenti warburghiani. Editoriale di Engramma 139, “La Rivista di Engramma” n. 139, novembre 2016, pp. 6-9 | PDF of the article