Allestimento della mostra
“Figli di Marte”
Iuav, Spazio Gino Valle
28 aprile - 8 maggio 2015
a cura di Mariaclara Alemanni, Angelica Basso, Nicole Cappellari
English abstract
La mostra “Figli di Marte. A B C della guerra negli atlanti di Aby Warburg, Ernst Jünger e Bertolt Brecht” espone le opere che i tre importanti intellettuali del Novecento creano a seguito degli sconvolgimenti subiti dalla società tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Come si spiega nella presentazione della mostra, tutti e tre gli autori registrano su diversi dispositivi la profonda rivoluzione dell’immaginario provocata dai conflitti mondiali, evidenziando l’importanza acquisita dalla figura versus la parola.
Nell’allestire tali materiali si è dovuto tenere conto di alcune problematiche legate alla loro riproduzione, alla loro presentazione a fini espositivi, nonchè alla profondità delle tematiche concettuali e delle idee che da questi stessi materiali si sprigionavano.
La mostra è articolata su un percorso principale che scorre centralmente, e due laterali che si svolgono in contrappunto: nello spazio al centro sono esposte le riproduzioni dei materiali propri dei tre autori; nelle nicchie laterali si trovano alternate tre sezioni biografiche e didascaliche, e tre teche tematiche.
Nella fascia centrale dello spazio si trovano riprodotti i tre ‘atlanti’: il Bilderatlas di Aby Warburg, la Veränderte Welt di Ernst Jünger e la Kriegsfiebel di Bertolt Brecht. Nello specifico, i materiali sono stati allestiti su totem neri di legno (1 m x 2,40 m) secondo diverse modalità.
Propri in occasine della mostra, le tavole incipitarie A B C dell’Atlante Mnemosyne sono state ricostruite ex-novo secondo la versione lasciata incompiuta da Warburg alla sua morte nel 1929. Su pannelli 100 x 70 ricoperti di tela nera, sono state appuntate le immagini con spilli, riproponendo matericamente il supporto e la struttura dell’’originale’ warburghiano; nel montaggio di ogni tavola sono state osservate le relative proporzioni delle immagini e delle spaziature; quando disponibili, si sono scelte immagini a colori, nella convinzione che Aby Warburg fosse ricorso al bianco e nero soltanto a causa delle limitazioni tecniche del tempo. Nel secondo blocco al centro sono state esposte le riproduzioni di sei pagine scelte da Die veränderte Welt – Il mondo mutato di Ernst Jünger, facendo riferimento alla versione originale del 1933. Infine, appoggiato su un cubo-leggio, si è esposto il facsimile della Kriegsfibel – A B C della guerra di Bertolt Brecht, secondo l’edizione americana pubblicata in California nel 1944, con traduzioni italiane degli epigrammi e delle didascalie secondo l’edizione Einaudi Abicì della guerra del 1972; sullo sfondo, un montaggio di immagini tratte dall’opera.
Tre colori primari sono stati scelti come guida di lettura: giallo per la sezione Warburg; blu per la sezione Jünger; rosso per la sezione Brecht. I colori accompagnano e orientano il visitatore nel percorso dell’esposizione, chiarificando i legami tra i materiali delle opere allestiti nel corpo centrale e le teche laterali.
Ai lati della sala, infatti, le sei nicchie delle Spazio Gino Valle accolgono in alternanza i pannelli biografici e i materiali delle teche tematiche secondo lo schema:
a destra, entrando» Warburg | GUERRA | Brecht
a sinistra, entrando» TECNICA | Jünger | MONTAGGIO
Le teche di presentazione degli autori raccontano le loro vite, sottolineandone però gli eventi più significativi in relazione alla guerra e alla creazione dei loro ‘atlanti’. Un primo pannello riassume i dati biografici in una timeline; un secondo descrive la genesi e la struttura della relativa opera-Atlante relazionandosi con la i materiali originali posti nella fascia centrale dello spazio espositivo; infine una serie di pannelli propongono una biografia tematica, per immagini, dell’autore.
Sul piano orizzontale di queste teche sono stati esposti volumi e materiali significativi, come ad esempio la rara edizione tedesca del Mondo mutato di Jünger e la riproduzione dei due numeri, quasi introvabili, della Rivista illustrata 1914-1915, promossa e sponsorizzata da Warburg nella ambiziosa illusione di riuscire a sventare l’entrata in guerra dell’Italia contro la Germania.
Nelle tre nicchie riservate agli approfondimenti tematici sono stati inseriti materiali montati secondo il metodo delle teche dialettiche (vedi in questo numero di “Engramma” il contributo di Simone Culotta). I materiali esposti sono il frutto di una selezione e una negoziazione compiuti dagli studiosi del Seminario Mnemosyne nel corso di un lungo periodo di studi e ricerche (vedi la e la Galleria di immagini e testi). Intorno ai temi individuati come concettualmente portanti –“Guerra”; “Fotografia e montaggio”; “Tecnica e globalizzazione” – sono stati costruiti montaggi di immagini e parole in forma di collage. Sul piano verticale di ogni teca sono stati apposti i titoli dei nuclei tematici rilevati per ogni singolo macro-tema; un filo rosso mette in relazione il piano verticale con il piano orizzontale, sul quale è proposto il collage, donando all’allestimento tridimensionalità e attivando, grazie all’illuminazione, un gioco di ombre. Sia la scelta dei tre temi portanti, sia la selezione di citazioni e di immagini si propongono come uno studio aperto, disponibile a nuove acquisizioni e a inevitabili perdite: un materiale in continua evoluzione, sottoposto a riflessione e ulteriori indagini. In questo senso le teche e il loro contenuto si configurano come la sperimentazione di un nuovo dispositivo per l’allestimento che denuncia il carattere precario e provvisorio della ricerca e il processo in divenire di un metodo di lavoro in fieri.
Come tappa finale del percorso espositivo è stato allestito un video, montato da Stefania Rimini, basato sul principio bressoniano del “trapianto” e ideato come un racconto costituito da tagli di film e immagini di guerra significative in ambiti temporali diversi (vedi in questo numero di “Engramma” il contributo di Stefania Rimini: Ad occhi (aperti) chiusi. Presentazione del video “Figli di Marte”).
Come paesaggio musicale del video e di tutto l’allestimento, Martino Panizza ha composto una musica ad hoc, montando diversi elementi sonori: rumori, musiche, inserti recitativi e cantati di suoni e di parole, riconducibili al tema della guerra (vedi in questo numero di “Engramma” il contributo di Martino Panizza: Musica per i Figli di Marte).
All’interno della mostra si trovano inoltre due oggetti sospesi appartenenti all’immaginario visivo della guerra: una riproduzione del dirigibile Zeppelin (primo bombardiere aereo presente nella tavola C di Warburg), realizzato da Angelica Basso partendo da un blocco di polistirolo grezzo tagliato, sagomato e rivestito in mussola e listelli di tiglio per rendere al meglio la matericità del modello; il mobile ovale no. 12 di Rodchenko del 1920, simile ad un moderno astrolabio e simbolo della mostra, è stato realizzato in copia da Nicola Noro con cartonlegno tagliato al laser montato tridimensionalmente con filo di nylon trasparente grazie a un gioco di tiranti.
Come tra le le orbite ellittiche dei pianeti spicca quella del pianeta rosso, Marte, anche il visitatore è invitato a entrare nel gioco, a trovare le propria direzione astronomico-astrlogica, a seguire i propri “fili rossi”, procedendo nella caccia di immagini e citazioni che ha coinvolto tutto il Seminario Mnemosyne nella preparazione della mostra.
Nel complesso, la mostra, chiara e lineare nella suo ordine espositivo e forte nel suo impatto audio-visivo, è risultata molto densa di concetti e nozioni, immagini e significati. Materiali e idee pronti a esplodere in spazi più ampi e a essere riallestiti in modo nuovo. Perché noi, con e per questo lavoro, non possiamo fermarci qui.
English abstract
The exhibition is dedicated to the works that the three authors, namely Bertolt Brecht, Ernst Jünger and Aby Warburg, created between the two World Wars. The works highlight the increasing importance of the representation compared to the word during the War. Three colours indicate the works belonging to the three different authors, respectively yellow for Warburg, blue for Jünger and red for Brecht, so as to accompany the visitor throughout the path. The exhibition is structured on three different paths: the main one exposes the reproductions taken from the main atlas of each artist; the other two contain three thematic cases. The visit ends with a video edited by Stefania Rimini, made of film cuts and significant images of the war. The music has been specifically composed for the exhibition by Martino Panizza.