Vuoto/pieno. I caratteri della Venezia che cambia
Editoriale di Engramma n. 155
Federica Fava, Elisa Monaci, Christian Toson
Nell'immagine di copertina, ripresa dal manifesto del convegno Vuoto/pieno. I caratteri della Venezia che cambia (svolto all’Università Iuav di Venezia nelle giornate del 17 e 18 gennaio 2018), due persone appaiono intente a osservare e fotografare un vuoto/pieno della città, un bianco che si propone sia assenza di immagine, sia come spazio libero su cui scrivere nuove contemporaneità. Si tratta, probabilmente, di due “cittadini temporanei” di Venezia, una definizione proposta dalle curatrici del convegno – Monica Centanni, Laura Fregolent, Sara Marini – che è risuonata più volte nelle due giornate di studio. Ed è proprio questo ‘bianco’, letto interpretato e scomposto nel succedersi di vari sguardi, che ha dato il la al tema del convegno, consentendo di raccordare, su questa immagine condivisa, intrecci inediti.
Engramma 155 pubblica i saggi proposti dagli studiosi – relatori e promotori – intervenuti al convegno: ricalcando la struttura delle due giornate del convegno, il filo del racconto di questo numero monografico si dispiega secondo le tre scansioni proposte dalle curatrici, a comporre un ritratto multiplo e mosso di una Venezia “città singolare” (come voleva Francesco Sansovino) ma che proprio per la sua singolarità è anche paradigmatica delle dinamiche urbanistiche, sociologiche, economiche e culturali proprie della nostra contemporaneità.
La prima sessione dal titolo “L’arcipelago delle chiese chiuse di Venezia: eredità, usi, progetti a confronto” è stata curata e introdotta da Sara Marini. Attraverso angolazioni diverse è stato sviluppato il tema del vuoto/pieno in architettura nella città di Venezia, concludendosi con un confronto tra due progetti realizzati in altre città italiane che hanno permesso un’apertura e un ragionamento sui possibili approcci al riutilizzo delle chiese. La sessione è stata aperta da un intervento introduttivo della stessa Sara Marini, che delinea il problema delle chiese sconsacrate o comunque in disuso all’interno del tessuto urbano, dando le coordinate di una ricerca portata avanti sin dal 2014. Il tema del vuoto di questi manufatti e della loro riappropriazione da parte dei citoyens è illustrata da Nicola Emery nel suo intervento che ruota attorno alla figura di Jean-Jacques Rousseau e ai suoi viaggi, compiuti o immaginati. Don Gianmatteo Caputo inquadra il tema dal punto di vista di chi governa l'uso delle chiese veneziane, con un approfondimento su casi esemplari di riuso di alcuni edifici per fini espositivi o per utilizzi saltuari. La sessione si conclude con due interventi che espongono due esempi di riuso nel territorio italiano: Massimiliano Locatelli racconta del suo progetto, realizzato, di inserimento del proprio studio di architettura all’interno della Chiesa di San Paolo Converso a Milano, in cui la struttura contemporanea entra in dialogo con lo scrigno che la contiene; Patrizia Pisaniello presenta il progetto del proprio studio Microscape per il restauro della Chiesa di San Pellegrino a Lucca e la sua riqualificazione come deposito di gessi del Polo Museale Toscano. In chiusura della sessione, il contributo di Elisa Monaci riprende il filo dell'intervento di apertura, proponendo un approfondimento su tre casi di riuso di chiese veneziane, frutto della ricerca guidata da Sara Marini.
A seguire, i contributi relativi alla seconda sessione “Venezia prima di Venezia, Venezia dopo Venezia: il vuoto come cifra della polis”. Il contributo di apertura di Monica Centanni affronta il tema di uno dei miti delle origini di Venezia che, all'interno di in un'area già intensamente frequentata fin dall'età micenea, secondo una parte delle fonti antiche si vorrebbe fondata da migranti reduci dalla guerra di Troia. Il “non-vuoto” della Laguna e di Venezia in età greco-romana è anche al centro del contributo di Lorenzo Braccesi, che racconta il territorio della laguna veneziana e delle foci del Po come una regione strategica per i traffici militari e commerciali, che collegava le province settentrionali con il Mediterraneo con numerosi canali (le fossae) e con vie di comunicazione ibride d'acqua e di terra, come probabilmente era la Via Claudia Augusta. Maddalena Bassani interviene in questa cornice portando una nuova interpretazione per l’altare di Caius Titurnius Florus, un reperto di età tardo-imperiale rinvenuto nell'isola di Sant’Angelo della Polvere, posta al centro della laguna, che si configura come una nuova, importante, testimonianza della presenza di insediamenti romani diffusi nel paesaggio lagunare. Prendendo spunto dagli scavi archeologici in atto a Torcello, anche Diego Calaon descrive una Laguna intensamente abitata in età tardo-antica e alto-medioevale, che, favorita delle condizioni geografiche, ha visto una attività continuativa di commercio, soprattutto di schiavi. Le fonti letterarie, epigrafiche, archeologiche configurano un quadro coerente che si scontra con l’immagine leggendaria delle origini della città, propagandata con forza dalla Serenissima almeno a partire dal XIV secolo, come rifugio di Romani e Bizantini in fuga eroica dai “barbari”: la leggenda di una fondazione ex novo di Venezia, talmente pervasiva da impressionare e suggestionare l'immaginario collettivo e influenzare decisamente la stessa l’interpretazione delle fonti. Come conclusione e raccordo con l'incipit della sessione, il contributo di Christian Toson propone un excursus sul ‘vuoto’ come elemento fondante della città occidentale, dall’agorà greca alla piazza civica dei Comuni italiani: uno spazio teatrale che trova le sue difficili misure su un delicato equilibrio tra il vuoto degli edifici e il pieno dell'assemblea dei cittadini, e che nei regimi assolutistici e poi totalitari dell'età moderna, tende ad enfatizzarsi, degenerando in uno spazio sottratto ai cittadini, predisposto ad accogliere le scenografiche parate del potere.
La terza sessione, coordinata da Laura Fregolent, è dedicata ai “Cambiamenti demografici e socio-economici della Venezia contemporanea”. Gli interventi affrontano il rapporto tra i vuoti e i pieni veneziani attraverso approfondimenti mirati ad osservare dinamiche abitative, sociali ed economiche restituendo, nel loro insieme, il quadro ‘al presente’ della città. A partire da uno sguardo ampio sulle logiche demografiche italiane, Laura Fregolent inaugura una discussione analitica su Venezia, tracciando i profili delle popolazioni prevalenti secondo le parti di una città già fortemente divisa tra terra e acqua. A seguire, il contributo di Francesco Palumbo indaga, sotto il profilo strategico nazionale prima e veneziano poi, quello che da angolazioni differenti è un fil rouge della sessione, cioè l'impatto del turismo sulla città. Se la formulazione di nuovi strumenti diviene scelta imprescindibile in vista di nuove forme di convivenza tra ospiti e padroni di casa, il contributo di Angela Vettese mostra una Venezia che vive anche di apparati e culture non tradizionali, capaci di restituire e reintegrare un immaginario vitale, necessario a rompere la cristallizzazione del suo profilo di cui la città soffre. All’immagine imposta dai meccanismi del consumo, l’intervento di Ilaria Bramezza affianca un excursus dei principali investimenti della Regione Veneto evidenziando le contraddizioni e i possibili punti di forza grazie ai quali potrebbe essere possibile invertire la crescente vocazione mono-turistica di Venezia. Trova qui accordo il contributo conclusivo del convegno discusso da Daniele Lazzarini che, concentrandosi sulle forme dell’abitare studentesco, presenta esperienze e prospettive di un possibile orizzonte culturale di sviluppo attraverso cui attrarre in laguna nuovi ‘capitali umani’ che porterebbero una ricchezza di risorse non solo in termini economici. Il contributo conclusivo di Federica Fava illustra uno scenario post-crisi della città, proponendo un focus sulle dinamiche residenziali in atto. Il saggio restituisce i primi risultati della ricerca condotta all’interno del Cluster H-city. Housing in the city, coordinata da Laura Fregolent.
Per concludere: parte integrante di questo lavoro collettivo sono le splendide fotografie di Sissi Cesira Roselli (già nel manifesto del convegno pubblicato qui) e di Anna Zemella. Alle due fotografe – che amano Venezia di un amore speciale e che perciò la sanno vedere e riproporre da angolature inedite e sorprendenti – va un particolare ringraziamento: le loro immagini funzionano come una sorta di colonna sonoro-visiva della “Venezia che cambia” che in questo numero di Engramma abbiamo voluto rappresentare.
Per citare questo articolo/ To cite this article: F. Fava, E. Monaci, C. Toson, Vuoto/pieno. I caratteri della Venezia che cambia. Editoriale, ”La rivista di Engramma” n.155, aprile 2018, pp. 7-12 | PDF